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"ralphLa XXXIII edizione del Time Zones, il Festival sulla via delle musiche possibili, inamovibile fiore all’occhiello della programmazione barese, ci sta proponendo, con l’abituale illuminato sguardo, la sua “(in)solita” panoramica di proposte di altissima qualità, sempre – e questo è uno dei suoi maggior pregi – difficilmente etichettabili. Uno degli appuntamenti dell’annuale rassegna ci è apparso, invece, immediatamente di facile catalogazione, non essendovi alcun dubbio che il concerto di Ralph Towner avrebbe dovuto essere ascritto sotto la voce “irrinunciabile appuntamento con una leggenda vivente”; eppure, pare che non molti la pensassero poi così, a giudicare dalle tante (troppe per i nostri gusti) poltrone vuote nell’accogliente sala del Teatro Palazzo di Bari, o che, comunque, in pochi abbiano compreso che si sarebbero trovati di fronte al chitarrista che, come pochi altri, è riuscito a lasciare la propria impronta nella musica contemporanea, spingendosi ben oltre la frontiera dei generi. Fondatore nel 1970 degli Oregon, gruppo che, forgiando una ardita ed innovativa miscellanea di sonorità jazz, classiche, folk ed etniche, fu, di fatto, tra i pionieri della world music, Ralph Towner deve essere considerato l’artefice di una vera rivoluzione nell’ambito chitarristico, anche per la sua caparbia ostinazione nell’utilizzo esclusivo di strumenti acustici, ed è – assolutamente a ragione – tra i più stimati e richiesti musicisti dei nostri tempi, potendo vantare una infinità di collaborazioni con suoi colleghi, tra cui ci piace ricordare Keith Jarreth, Weather Report, John Abercrombie, Jan Garbarek, Gary Peacock, Jack DeJohnette, Gary Burton ed i nostri Paolo Fresu e l’indimenticabile Pino Daniele.

Mosso, a dispetto delle sue settantotto primavere, da una insaziabile ed inesausta ricerca, il compositore statunitense continua a proporre le sue creazioni, regalandoci produzioni discografiche e live di inestimabile valore, come è stato anche per l’appuntamento barese, figlio della recente pubblicazione dello splendido album in solo “My foolish heart”, opera di rara bellezza, con il titolo che è già una dedica al capolavoro di Victor Young che Towner ha conosciuto ascoltando la versione del mitico Bill Evans, che va ad inserirsi nel filone di pietre miliari della sua discografia, quali “Ana”, “Anthem”, “Diary”, “Solo concert” e “Time line”, che contiene la celeberrima “If”.

Preceduta dall’interessantissimo set di Andrea Belfi, batterista e programmatore che, pur essendo lontano anni luce dalla canonica concezione di musica, propone una combinazione di sicuro impatto, la performance di Towner è stata impeccabile, permeata da un’eleganza illimitata, definitiva, con il chitarrista nelle vesti di magnifico traghettatore tra i flutti delle sue creazioni, sognanti melodie e coinvolgenti riff composti che rispondono alla citata ricerca di un equilibrio sonoro tra diverse tradizioni musicali, di esperta guida pronta a condurci sulle tracce di un viaggio universale ed intimo al tempo stesso, di padrone assoluto ed inimitabile di quella strana combinazione tra grande tecnica classica e sublimi capacità improvvisative; e se, come diceva Gibran “la musica vera è quella che rimane nell’orecchio di chi l’ascolta dopo che lo strumentista ha finito di toccare le corde”, allora non vi è dubbio che Ralph Towner sia uno dei pochi che vale ancora la pena di annoverare nella categoria “Artista unico al mondo”.

Michele Traversa

Direttore responsabile e Editore di LSDmagazine. Esperto di turismo, spettacolo, gastronomia e tecnologia. Attento alle strategie social media e preparato all'interazione tra gli strumenti che questi offrono e la diffusione dei loro contenuti. Collabora con le principali riviste del settore turistico, italiane e straniere, autore di libri e documentari di viaggio e di mostre fotografiche.