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"vontrotta"

ll sesto giorno al Bif&st e’ il momento della regista pluripremiata Margaret Von Trotta. Questa mattina, al Teatro Petruzzelli, al termine della proiezione del film ‘Il lungo Silenzio’, il direttore Felice Laudadio, insieme a Gianrico Carofiglio, Giancarlo de Cataldo e Michele Emiliano, racconta il film di Margarethe von Trotta del 1993. Il film ruota intorno al tema della mafia, ma il vero protagonista è il dolore delle donne all’ombra dei giudici antimafia, argomento che ben si presta ad un dialogo tra magistrati. E’ un parterre d’eccezione quello di questa mattina, perché Emiliano, Carofiglio e De Cataldo, accomunati dal denominatore comune di essere tre magistrati, parlano e si raccontano anche in veste di scrittore, sceneggiatore e politico. Ed è così, che in questa masterclass, i ruoli ed i pareri si mescolano, offrendo dei punti di vista del tutto originali, variegati e di ampie vedute sulle mafie, con uno sguardo al passato, ma con l’attenzione sul futuro, passando dal cinema alla vita reale.


Laudadio, prendendo spunto dal film, si interroga sulla vita di un magistrato e della sua famiglia sotto scorta e sull’ingerenza della scorta nelle dinamiche familiari. Ci si abitua alle modifiche, racconta pacato Carofiglio, anche quando intervengono prepotentemente nelle dinamiche familiari; in questo, racconta il magistrato, l’aver condiviso lo stesso lavoro di mia moglie, ha di sicuro aiutato nella comprensione del momento delicato da attraversare.

Carofiglio non accenna oltre a parlare dei suoi 5 anni scortato, ma regala invece, il suo punto di vista sull’uso della videocamera per raccontare l’infelicità, la ribellione, la solitudine della protagonista, Carla Gravina, moglie di un magistrato ucciso dalla mafia. Gli anni ‘90, in cui è stato ambientato il film, racconta Carofiglio, sono stati anni drammatici, anni in cui i magistrati si occupavano di un fenomeno malavitoso dilagante, fenomeno a quei tempi sottostimato e sottovalutato. Le stragi del ‘92, non furono l’apice del potere dei corleonesi, sottolinea, ma sancirono l’inizio della fine della cupola della criminalità organizzata. Parla in modo accorato Carofiglio, infervorato, sciorina date, numeri, morti, cita uomini, donne, ma alla fine, orgogliosamente si fregia dei risultati ottenuti e ringrazia tutti quanti vi hanno contribuito.

Interviene il Presidente della regione Emiliano, questa volta, parla in veste di magistrato, ricorda gli anni in cui non c’era nemmeno la scorta, erano gli anni della morte del magistrato siciliano, Rosario Livatino, ucciso solo, nella sua auto. Erano anni in cui i magistrati in gioco erano pochi ed erano poco coadiuvati dallo stato.

Emiliano racconta di giornalisti, sacerdoti, poliziotti, magistrati, un intero esercito di persone eterogenee, coinvolto nella lotta alle mafie. Ringrazia, gli uomini e le donne al fianco dei magistrati e gli uomini della scorta, in particolare. La teutonica regia del film, commenta Emiliano, pone proprio l’attenzione sulla verità dietro le stragi e sul coraggio degli uomini e delle donne coinvolti.

Emiliano racconta, sorridente, alcuni aneddoti sulla vita privata di Falcone e sulla sua vita da magistrato, sui pericoli ai quali si è’ esposti e sui quali si arriva, persino a sorridere e non certo per superficialità. Politico e magistrato non si astiene da un aperto riferimento alla recente sentenza Stato-Mafia, parla di gravissime negoziazioni tra stato e mafia e della classe dirigente prepotentemente infiltrata in associazioni mafiose.


E’ il momento di De Cataldo, positivamente impressionato da un teatro gremito di pubblico, già di prima mattina. Risulta difficile distinguere lo scrittore dal magistrato, il concetto di trattativa tra stato ed associazioni mafiose, continua di Cataldo, e’ storicamente documentato fin dal 1883. Collusioni stato-mafia sono ovunque presenti nella storia, nei libri di Salvatore Lupo sulla mafia come anche nel film della Von Trotta.

De Cataldo parla dell’angoscia nel rivedere le immagini delle fiaccolate di Palermo con Falcone, Borsellino, era l’epoca di computer enormi, delle VHS, dei telefonini pesanti con l’antenna estraibile.


E finalmente la parola alla regista di Anni di piombo, regista d’oltralpe che ha faticato a comprendere la politica italiana, nonostante la sua prolungata permanenza nel Bel paese. L’intenzione del film, racconta la regista con il suo accento marcatamente tedesco, era quella di arrivare al pubblico tramite i pensieri di una donna attraverso la sua angoscia che si trasforma poi in coraggio.

La regista si racconta e si commuove da italiana, come sottolinea e rende omaggio alla colonna sonora di Morricone; senza la sua musica, il successo del film non sarebbe stato lo stesso.

Il film è’ del 93’ ma la regista ricorda, ancora concitata, le vedove che ha incontrato. Tra le altre ricorda la signora Terranova, moglie del giudice Cesare Terranova e racconta gli ultimi drammatici momenti della vita del giudice, altalenanti tra, l’ultimo caffè portato alla moglie, ancora a letto, ed i colpi di pistola. Non dimentica di ricordare nessuno la regista tedesca, un pensiero va persino alla fidanzata d’Italia, Alida Valli ed al suo intenso e sorridente sguardo.


Laudadio muove quindi il confronto verso le considerazioni finali, spostando l’attenzione sul ruolo della politica e della mafia, 25 anni dopo le scene del film. Abbandonato il mondo cinematografico, Emiliano parla delle questioni ambientali, del ciclo dei rifiuti, del traffico di droga, del ruolo europeo nella gestione di tutte queste politiche. Sottolinea che ci deve essere una permanente vigilanza su queste politiche, sul ruolo della magistratura e dell’intelligence ancor meglio se internazionale.

E’ un confronto-incontro quello di questa mattina, in cui i partecipanti sembrano fiumi in piena, Carofiglio si argina difficilmente, parla da magistrato adesso, sottolinea il ruolo delle procure, delle forze di stato coinvolte. Cosa Nostra, e’ al suo minimo storico, commenta fiero. De Cataldo, invece, si infervora sull’integrazione, sul ruolo degli stranieri in Italia, e sulla superficialità e sulla demagogia con cui stiamo chiudendo, erroneamente, le porte in faccia agli immigrati.

Aprire il cinema ai più giovani, questa è la sfida, giovani che sono abituati a molte immagini e molti video ma non abituati, forse, a vedere del buon cinema. E con queste considerazioni finali, termina questo variopinto incontro.

 

Michele Traversa

Direttore responsabile e Editore di LSDmagazine. Esperto di turismo, spettacolo, gastronomia e tecnologia. Attento alle strategie social media e preparato all'interazione tra gli strumenti che questi offrono e la diffusione dei loro contenuti. Collabora con le principali riviste del settore turistico, italiane e straniere, autore di libri e documentari di viaggio e di mostre fotografiche.