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"pantani"Il 14 febbraio 2004 a Rimini presso l’Hotel delle Rose moriva a soli 33 anni il grande ciclista Marco Pantani. Nell’ambiente era nota da tempo la difficoltà di vita che aveva il piccolo grande ciclista.

La sua “malattia” era iniziata il 5 Giugno 1999, allor quando, a Madonna di Campiglio, alla fine di un Giro d’Italia che aveva largamente dimostrata la superiorità netta del piccolo grande ciclista di Cesenatico rispetto a tutti gli altri, fu sconvolto dalla notizia della positività al controllo ematico antidoping che a partire dal 1999 era stato introdotto per tutti i ciclisti dall’UCI (Unione Ciclistica Internazionale) norma in cui si sanciva che coloro trovati con valori di ematocrito superiore al 50%, cioè con un numero di globuli rossi superiore a quello dei globuli bianchi, per motivi precauzionali sarebbero stati fermati per 15 giorni in quanto a rischio di emorragia cerebrale, quindi a salvaguardia della salute del ciclista stesso.

Ufficialmente, pertanto il provvedimento era assunto a tutela della incolumità dell’atleta, in realtà questa rappresentava una vera e propria squalifica, non stabilita dalla giustizia sportiva ma a priori dai dirigenti del ciclismo d’accordo con gli organizzatori ed i gruppi sportivi e con le organizzazioni sindacali dei ciclisti.

Questi ultimi, nell’accettare la scelta di fermare gli atleti con valori considerati fuori norma, senza alcuna possibilità di difesa da parte loro, avevano nei fatti accettato l’idea di delegare ad altri la propria sorte.

Inoltre, in nessuno sport a livello internazionale ancora oggi vengono compiuti esami così approfonditi come nel ciclismo. Si pensi che i corridori sono costretti a comunicare i propri spostamenti in quanto in qualsiasi periodo dell’anno ed ovunque si trovino potrebbero essere sottoposti a controlli “Anti-doping” sangue, urina e DNA dall’UCI. Emblematico il caso del ciclista danese Rassmussen, maglia gialla al Tour de France del 2007 e squalificato, quando sembrava destinato a vincere la corsa, per il solo fatto che nell’inverno precedente non era stato trovato per ben due volte presso la sua residenza dai Commissari UCI recatisi ad effettuare i controlli a sorpresa, ed egli non aveva comunicato la sua assenza ad alcuno.

Sembrò un processo indiziario ad orologeria, in quanto forse il corridore danese non appariva essere un vincitore gradito alla potentissima organizzatrice del Tour de France la famigerata Societé du Tour de France S.A..

Anche il campione di Cesenatico fu vittima di un meccanismo ad orologeria. Dopo aver dimostrato di essere imbattibile, vincitore di cinque tappe di montagna, con la formidabile scalata della tappa conclusa ad Oropa, quando ai piedi della salita fu superato da tutto il gruppo a seguito di un incidente meccanico, egli rimontò tutti e stravinse la tappa. Aveva superato anche diversi controlli “anti-doping” a sorpresa e non, ed era sempre risultato nei limiti stabiliti. Solo alla vigilia dell’ultima tappa di montagna, l’ultima in cui potevano cambiare le sorti del Giro, fu scoperto il valore eccessivo di ematocrito del grande Pantani.

Erano i primi anni in cui in Italia erano state liberalizzate le scommesse sportive e, pertanto, si poteva scommettere su tutti gli avvenimenti sportivi.

Alla fine del 1998 il recente vincitore del Giro d’Italia e del Tour de France, era stato a lungo ed inutilmente corteggiato dal più grande gruppo sportivo del mondo del ciclismo, vincitore e dominatore di importantissime corse in Italia e all’estero, ma Marco Pantani aveva preferito rinunciare a tantissimi soldi in più, al prestigio di correre in una grande squadra con tutte le garanzie che ne sarebbero derivate, per mantenere fede ai propri principi: gratitudine nei confronti del Team che gli aveva dato fiducia dopo il gravissimo incidente di Torino del 1995 e gli aveva costruito una squadra tutta a lui devota, e gratitudine nei confronti dei compagni di squadra che fedelmente lo avevano accompagnato nei trionfi di Milano al Giro 1998 e di Parigi al Tour dello stesso anno.

Cambiare squadra avrebbe significato non poter portare con se tutti i compagni, come egli voleva.

Marco Pantani, quindi, non apparteneva ai così detti Poteri Forti del ciclismo e dello sport in generale.

La persecuzione giudiziaria, come spesso accade, fu largamente gonfiata dalla stampa. Alcuni giornalisti che sono stati considerati a lungo, ed oggi sono ricordati, come grandi giornalisti, hanno colpito senza pietà e senza rispetto dei più elementari diritti di difesa eccedendo largamente i doveri che discendono dal diritto di cronaca. Ancora oggi nel ciclismo, i cronisti venduti ai poteri forti di chi non sa neanche cosa voglia dire faticare tutto l’anno su salite, discese e macinare chilometri giorno dopo giorno spesso per guadagnare un decoroso stipendio annuo di €. 40.000,00, non rilevano neppure lontanamente le assurde incongruenze e disparità di trattamento tra i ciclisti.

Si scopre solo nel 2007 che Lance Armstrong nel 1999 al Tour de France, era stato per ben due volte trovato positivo al controllo anti-doping delle urine, ma qualcuno chissà come mai e perché lo aveva coperto e gli aveva consentito di vincere quella corsa.

In Spagna i controlli anti-doping non sono conformi a quelli UCI in quanto la Federazione Spagnola non li ha recepiti, pertanto vi è una sorta di zona franca che è la Spagna non sottoposta alle stessa regole del resto del ciclismo mondiale. Sarà un caso che i ciclisti spagnoli o che vivono in Spagna vincono tutte le più grandi corse a tappe?

Per non parlare della scandalosa decisione di revocare a Davide Rebellin, trentasettenne ciclista veneto, che ha avuto una carriera senza alcuna ombra, la medaglia d’argento guadagnata alle Olimpiadi di Pechino, con grande sudore e con un’ingenua volata per la medaglia d’oro, presa dalla Federazione Ciclistica Italiana e dal CONI dopo la comunicazione di positività al CERA, prodotto dopante a base di eritropoietina, ben sei mesi dopo la gara olimpica. Gara avvenuta a luglio 2008 e positività comunicata dal Comitato Olimpico Internazionale solo a gennaio 2009.

Decisione scandalosa, priva di qualsiasi possibilità di difesa, con l’aggravante che né il CONI né la Federazione Ciclistica Italiana abbiano alzato la voce a difesa di un uomo, prima che ciclista, di specchiata carriera e che per oltre quindici anni non ha dato il ben ché minimo segnale di possibile uso di sostanze dopanti. Rebellin non ha avuto la possibilità di richiedere le contro-analisi da effettuare in altro laboratorio e neanche di essere sicuro che nei sei mesi intercorsi non si siano verificati deterioramenti o, perché no, manipolazioni dei campioni di sangue ed urina prelevati dopo la gara olimpica.

Analogo discorso ha riguardato il campione di Spoltore Danilo Di Luca, l’unico ciclista italiano che negli ultimi anni è riuscito ad infiammare il pubblico, dopo un Giro d’Italia regolare e senza grandissimi exploit, in cui è giunto secondo in classifica finale, a fine luglio 2009, ben due mesi dopo la fine della corsa rosa, si è ritrovato sospeso e poi squalificato per il presunto uso di CERA in due tappe corse in maggio in cui il Di Luca non è stato nemmeno protagonista. Le difficoltà di difesa del ciclista appartenente ad una modesta squadra che era stata esclusa persino dal circuito del “Pro-Tour”, le corse più importanti al mondo, tanto era piccolo il Team e pertanto non in grado di difendere il suo campione a livello di Federazione Ciclistica e di UCI. Ma già dal 2007 Di Luca era stato sottoposto a migliaia di controlli a sorpresa e non, in una sorta di ricerca a tutti i costi di un passo falso da parte di un uomo che deve guadagnarsi lo stipendio. Si tenga conto che la multa comminata per questo presunto caso di positività al test anti-doping è pari al 70% del reddito dichiarato nel 2008 dall’atleta, cioè €.280.000,00 di sanzione su uno reddito di €.400.000,00. Il confronto di tali cifre con quelle percepite da tantissimi altri campioni di sport senz’altro meno faticosi come il calcio, la Formula 1, il motociclismo ecc. è evidente. Rispetto al calcio questo sarebbe un reddito da mediocre calciatore di serie B. Un accanimento che appare assolutamente ingiustificato, anche rispetto all’assoluta impunità di altri ciclisti trovati positivi ai test anti-doping.

Per esempio, sembra che la grande stampa abbia volutamente taciuto di un episodio in cui il campione Lance Armstrong, sempre lui, abbia rifiutato di aprire la porta di casa ai Commissari dell’UCI per i controlli a sorpresa nel corso del 2009, e non è stato assunto alcun provvedimento sanzionatorio nei suoi confronti. Per non dire delle dichiarazioni dell’ex compagno di squadra del texano, Simeoni. Salvo, poi, a fine carriera farlo passare per l’unico grande dopato.

Per tornare a Marco Pantani, la cui unica certezza nella vita era il ciclismo, si ritrovò solo con le sue paure. Gli amici, lo sponsor ed i familiari hanno cercato di essergli vicino, ma non era più sufficiente. La sua voglia di auto-distruggersi, e la voglia di distruggerlo di certa grande stampa sportiva, la stessa che oggi vende dvd su Pantani, finanzia la Fondazione Pantani Onlus, edita libri sul campione scritti dagli stessi giornalisti che lo hanno massacrato moralmente e non solo. Il giornale che organizza il Giro d’Italia, ed il “sant’uomo” del suo ex direttore hanno denunciato il “Pirata” penalmente per presunta frode sportiva, reato peraltro non codificato all’epoca dei fatti. Hanno azzannata la preda succhiando tutto il sangue e martoriato le carni fino alla fine morale del ragazzo. Persino l’avvocato-Sindaco di Bologna abbandonò Marco al suo destino rinunciando all’incarico, caso unico o quasi in Italia. Non parliamo della fidanzata.

Quello che appare assurdo è il verificare la mancanza di difesa del mondo sportivo nei confronti dei ciclisti, e di alcuni in particolare, che pagano per tutti. Infatti, ancora oggi nel calcio, basket-ball, tennis, automobilismo, atletica, ecc. non vengono effettuati né controlli anti-doping del sangue né controlli a sorpresa. Nel ciclismo, invece, sportivi sottopagati rispetto alla fatica che compiono tutto l’anno sono giustamente controllati in tutti i modi possibili, ma il mondo che vi ruota attorno è tutto pronto a condannare ed additare senza processo i reprobi. Tutti: ex ciclisti ipocriti, giornalisti senza argomenti, squadre, sponsor, federazioni nazionali ed internazionali, ecc.. Nel calcio non vi è uso di eritropoietina? Ne dubitiamo.

Una gogna mediatica assurda. Tutti a dargli contro l’untore (che in greco antico si tradurrebbe in “cristiano”).

 

Michele Traversa

Direttore responsabile e Editore di LSDmagazine. Esperto di turismo, spettacolo, gastronomia e tecnologia. Attento alle strategie social media e preparato all'interazione tra gli strumenti che questi offrono e la diffusione dei loro contenuti. Collabora con le principali riviste del settore turistico, italiane e straniere, autore di libri e documentari di viaggio e di mostre fotografiche.