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"teatrdoc"Anche solo un semplice sguardo da turista può farci capire che Mosca è una città in continuo cambiamento, ma agli occhi di chi come me ci viene da anni, il cambiamento in diacronia è ancora più palese. La capitale sembra vivere un momento di grande sviluppo infrastrutturale, a cui però si accompagnano nuovi strumenti di un progresso civico (le strade pulitissime, ristrutturazioni di edifici di interesse storico o abitativi, nuovi quartieri che fioriscono). La decisione brusca, immediata, ma efficace, di eliminare ad esempio, da un giorno all’altro, tutti i lar’ki, cioè i piccoli chioschetti che a grappoli invadevano i sottopassi e le strade della città, soprattutto in corrispondenza delle uscite dalle stazioni del metro, ha conferito un nuovo volto alla città, restituendo la dimensione dello sguardo panoramico e il respiro dei grandi viali. Certamente, come tutte le grandi città, Mosca ha i suoi scheletri nell’armadio e i suoi problemi irrisolti, ma di questo indiscutibile benessere di cui gode oggi la città, è grande riflesso anche l’esplosione culturale, tale che il turista, lo studioso o il cittadino, possa avere a disposizione una scelta enorme di cose da fare. I teatri a Mosca, veri e propri “barometri sociali” (l’espressione è di Claudia Olivieri), anche in questa stagione sono pieni, e non certo solo di turisti. Con grande attenzione mi è ad esempio capitato di seguire l’attività del “Teatr Doc” (teatrdoc.ru): un teatro di verità, di documento, come dice il nome, che nonostante negli anni abbia affrontato non senza difficoltà l’ostilità dei poteri ufficiali per il proprio impegno contro i temi delle ingiustizie sociali, continua la propria esperienza in una location davvero interessante, il pittoresco cortile di un condominio di un bel quartiere moscovita. In particolare la pièce Čelovek iz Podol’ska (L’uomo di Podol’sk), scritta da D. Danilov, che ho avuto modo di vedere qualche giorno fa, mi sembra particolarmente indicativa dell’attività e del messaggio portati avanti dal Teatr Doc. Vi si racconta di un arresto che, nel rispetto della poetica gogoliana, è fondato sul nulla: un giovane proveniente da una città fuori Mosca (Podol’sk in questo caso, come era stato per la Petuški di Erofeev, diventa antonomasia della grigia, improduttiva, disadorna provincia russa), che come molti “uomini inutili” della letteratura russa conduce una vita ingloriosa, passiva e rutinaria, viene arrestato e interrogato da alcuni poliziotti che non gli spiegano il motivo per cui egli sia lì, né sembrano conoscerlo essi stessi. Di suo, il giovane non sembra ribellarsi troppo al gioco sadico di questi stravaganti tutori dell’ordine, che lo umiliano con domande inutili e richieste insensate, sempre più vicine all’assurda comicità del teatro di Daniil Charms, in particolare della pièce più celebre, Elizaveta Bam, dove succede più o meno la stessa cosa. E quando alla fine di questo assurdo interrogatorio, i poliziotti dicono all’uomo di Podol’sk che può andarsene, egli sembra dubitare, quasi affascinato dal terribile potere di questa macchina superiore, statale, che è incomprensibile, ma che almeno ti dice cosa devi fare. Il messaggio di denuncia, nemmeno troppo velato, non ha bisogno, ritengo, di ulteriori spiegazioni.

Una domanda tuttavia sorge spontanea: possibile che nella Russia dittatoriale, spregiudicata, sovietica, dove “non ci sono più libertà” (cito qui e di seguito espressioni ricorrenti tra le opinioni di chi ne parlano sui social network e su alcuni giornali nazionali) ci sia spazio per un teatro di denuncia così, possibile davvero che in questa tremenda Russia “da cui rischi di non tornare più”, un teatro del genere possa continuare la propria attività? La risposta, forse, sta semplicemente nella bella passeggiata che dopo lo spettacolo, mentre gli attori si riposavano dalla fatica, ho fatto con due autorevoli spettatori che erano con me a teatro: la fresca sera moscovita ci ha suggerito di fermarci in un bel locale, goderci un aperitivo e una deliziosa cena per poi tornare da soli, dopo mezzanotte, con la metropolitana, ognuno a casa propria. E il giorno dopo riniziare tutto da capo.

Michele Traversa

Direttore responsabile e Editore di LSDmagazine. Esperto di turismo, spettacolo, gastronomia e tecnologia. Attento alle strategie social media e preparato all'interazione tra gli strumenti che questi offrono e la diffusione dei loro contenuti. Collabora con le principali riviste del settore turistico, italiane e straniere, autore di libri e documentari di viaggio e di mostre fotografiche.