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"web"Suore ospitano in un convento un gruppo di rifugiati che ne stuprano sette(30 mila condivisioni); apre la prima macelleria di carne umana; «camion sulla folla in Italia» da un finto sito terroristico. Sono recenti e note ‘fake news’. Poco male: una arrabbiatura o una risata e nulla più. Ma quali sono le conseguenze se le fake condizionano la politica, come è accaduto nella campagna elettorale Usa con gli hacker russi e quella che si apre in Germania con uguali pericoli? Ma il peggio deve ancora venire: a breve le fake saranno diffuse con corredo di immagini e filmati e audio contraffatti: sarebbe difficile distinguere il vero Trump dal falso in un filmato in cui dichiara guerra a Pyongyang, come ipotizzano esperti inglesi e statunitensi citando specifici programmi informatici.
«L’utilizzo di fake news da parte di soggetti che hanno interesse a diffondere tali notizie si moltiplicherà – spiega l’esperto e consulente di strategia digitale, giornalista, Nicola Zamperini – Per due ragioni: nell’ambito pubblico, ci sono Stati che orientano questo tipo di notizie perché possono essere strumenti di politica estera condotta con sistemi non convenzionali; nell’ambito privato, invece, lo si fa per soldi». Come difendersi? «Solo il prestigio di una testata può difenderci. Purché non siano in soggezione rispetto alla rete. Se voglio sapere qualcosa di Wall Street leggo WSJ, in Italia leggo Ansa, ma le testate smettano di pubblicare gattini, di pubblicare ciò che avviene nella rete».
Intanto, per l’elezione di Trump, Facebook si è trovato sul banco degli imputati, per presunti condizionamenti dell’ elettorato. «Google e Fb considerano il dibattito delle fake news come una enorme scocciatura, perché non possono in nessun modo stabilire se una notizia è vera o falsa – spiega Zamperini – Un algoritmo non può fare questa verifica, è una valutazione già difficile per un essere umano. Dunque, dovrebbero assumere decine di migliaia di giornalisti perché valutino i contenuti di quanto viene pubblicato, una strada impraticabile».
C’è però un tentativo di accordo con gli editori da parte di Fb, come proprio ieri è stato reso noto dalla stampa francese. “E’ un tentativo, infatti, non risolve il problema», ritiene Zamperini. Che parte da un elemento lessicale: «Invece di ‘fake news’ potremmo dire ‘fattoidè in italiano, come insegnava Gillo Dorfles, ripreso da Bartezzaghi». E Twitter ha appena annunciato nuove misure per contrastare bufale e insulti, tra cui, ad esempio, il divieto per le persone sospese di creare nuovi account. Non sono i soli tentativi. Proprio oggi la presidente della Camera Laura Boldrini ha lanciato l’appello #BastaBufale, proprio contro le fake news e per il diritto a una corretta informazione sul web. Hanno già aderito Francesco Totti, Fiorello, Carlo Verdone, Ferzan Ozpetek, Gianni Morandi. Un modo per sensibilizzare le coscienze. Dall’altro lato anche i i media nazionali stanno lavorando in questa direzione. La Stampa ha presentato a Milano il progetto NewsBrand che punta sulle news verificate per arginare le «derive della post-verità». I dati sono impressionanti: ogni settimana 33 milioni di adulti (quasi due italiani su tre) entrano in contatto con i NewsBrand (sistema integrato di quotidiani cartacei e sue versioni desktop, tablet e desktop).
Lapidario è stato il regista americano Oliver Stone, per il quale «il giornalismo ha fallito» evidenziando che i veri responsabili sono da cercare nelle testate editoriali ufficiali.
Poco conforto porta la chiusura di 50 siti da parte della Guardia di Finanza che diffondevano bufale. Come uno studio della Columbia Journalism Review citato da Prima comunicazione sul fatto che le bufale hanno un pubblico 10 volte più piccolo rispetto alle real news. Lo studio segnala anche che il 30% delle ‘bufalè corre su Facebook.
Ancora Zamperini precisa: «Trump non ha vinto per le fake ma perché queste hanno creato un brodo di coltura entro il quale ha presentato la sua proposta politica». Nella produzione di fake “i russi sono bravi, i cinesi sono bravissimi».

Michele Traversa

Direttore responsabile e Editore di LSDmagazine. Esperto di turismo, spettacolo, gastronomia e tecnologia. Attento alle strategie social media e preparato all'interazione tra gli strumenti che questi offrono e la diffusione dei loro contenuti. Collabora con le principali riviste del settore turistico, italiane e straniere, autore di libri e documentari di viaggio e di mostre fotografiche.