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"jova1"Un po’ supereroe stile Capitan America, con tanto di mantello e scarpe con le alette sulle caviglie, un po’ cowboy del futuro con giacca e pantaloni scintillanti e "frangiati", Jovanotti, dopo il successo del 2013, si ripresenta negli stadi e lo ha fatto anche a Bari, nello stadio della Vittoria pieno come l’uovo di Pasqua giunti da ogni angolo del sud. Jovanotti fa tutto "A modo suo". Con uno spettacolo potente, colorato, divertente. In qualche modo anche esagerato e inaspettato. Uno show che è riduttivo definire "solo" concerto e che diventa film, cartone animato, spettacolo a 360 gradi, di quelli che in Italia non si vedono spesso.

Uno sforzo tecnologico e produttivo non indifferente, che ha avuto bisogno di un anno di tempo per essere messo in piedi. "Gli americani lo definirebbero "larger than life" – spiega entusiasta Lorenzo, a caldo e ancora carico di adrenalina e entusiasmo. Tutto ruota intorno all’idea di estate, dalle canzoni all’atmosfera di leggerezza e divertimento, e ai cartoni animati (Uno è stato creato apposta per lui da Cartoon Network, ndr) che sono stati l’intuizione iniziale. L’ho immaginato così, legato al mondo dei cartoon, perché mi interessava l’idea della "bambinizzazione" del mondo, di una generazione – la mia – che condivide tanto con i figli, molto di più di quanto non facessero i nostri genitori con noi".

Il risultato sono due ore e mezzo di spettacolo ad alto livello, con inserti visual (affatto marginali) che rimandano ai video dei Pink Floyd, ai film di Stanley Kubrick, alla saga"jova2" di Guerre Stellari, alle produzioni anni ’80 dei concerti dei Rolling Stones. "E’ vero, ci sono citazioni nascoste e riferimenti continui perchè il mio immaginario è di cose viste e sentite che mi sono rimaste dentro. Mi nutro di quello", dice ancora Jovanotti che, con quell’aria da Peter Pan scanzonato, una volta ancora ha voluto sperimentare, provare, divertirsi.

Il via al concerto lo dà un corto, 7 minuti che da un immaginario 2184 ci riportano ad oggi e che lasciano di stucco e in silenzio i 30 mila del Conero. "E’ strano iniziare un concerto con un film, ma volevo far provare a questi ragazzi che non l’hanno mai vissuta, l’emozione del cinema all’aperto. E la reazione è stata quella che speravo. Non volevo raccontare una storia, ma farli entrare in un tunnel e non farli uscire fino alla fine". In scaletta, 29 brani, compresi un medley e 3 bis. "C’è tanta roba, e tanta roba manca. Per forza, con 15 dischi!", scherza il folletto di Cortona che ha inserito solo 7 brani del nuovo album "Lorenzo 2015 cc". "E’ un tour estivo, la gente deve divertirsi, non volevo esagerare con le canzoni nuove, anche se ci sono dei cambi di emozione. Poi se ci saranno date invernali vedremo se rifare la scaletta. Di sicuro, intanto, porto la produzione all’estero: tra novembre e dicembre faremo delle date in Europa".

Tra un brano e l’altro (si parte subito forte con Penso Positivo, Tutto Acceso e Attaccami la Spina, per poi rallentare verso metà concerto, quando fanno la loro comparsa i brani più romantici, e riprendere nel finale con la chiusura prima del ritorno sul palco di Ragazzo Fortunato, "la mia canzone preferita"), anche qualche cameo (video o solo audio) a "jova3"sorpresa: Ornella Muti-principessa Leila in ologramma, Fiorello nelle vesti di un presentatore di incontri di box anni ’50, Carlo Conti impegnato in una "ghigliottina" con il bassista di sempre Saturnino per introdurre Serenata Rap, Filippo Timi e Claudio Cecchetto, voci fuori campo che interagiscono con Jovanotti. E lui che corre, canta, balla, ringrazia senza tanti discorsi ("le parole non servono"), non si ferma mai su quel palco incredibilmente grande che riproduce una saetta e sembra espandersi, allargarsi a dismisura per raccogliere tutto il pubblico in un ipotetico grande abbraccio. "Volevo dare immediatamente l’idea di movimento, di velocità, di energia, di modernità in modo da non avere mai un "centro" e nemmeno un frontepalco. Abbiamo in pratica la "prima fila" più lunga del mondo, tutto il prato è in prima fila".

E il pubblico quell’abbraccio lo ha ricambiato, cantando a squarciagola e saltando. "La cosa che mi piace è che c’è ricambio nel pubblico, c’è chi mi ha sempre seguito, ma anche i ragazzini, vuol dire che non sono un artista generazionale". La musica, dunque prima di tutto, anche se gli esperimenti tentati nel concerto lascerebbero pensare a un avvicinamento al cinema: "No, non ho il talento narrativo per tenere in piedi una storia. Io procedo per frammenti, come un dj".

Michele Traversa

Direttore responsabile e Editore di LSDmagazine. Esperto di turismo, spettacolo, gastronomia e tecnologia. Attento alle strategie social media e preparato all'interazione tra gli strumenti che questi offrono e la diffusione dei loro contenuti. Collabora con le principali riviste del settore turistico, italiane e straniere, autore di libri e documentari di viaggio e di mostre fotografiche.