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"pablo1"Tutto quel che vuole, sissignore, ma sono le parole che cantano, che salgono e scendono… Mi prosterno dinanzi a loro… Le amo, mi ci aggrappo, le inseguo, le mordo, le frantumo… Amo tanto le parole… Quelle inaspettate… Quelle che si aspettano golosamente, si spiano, finché ad un tratto cadono… Vocaboli amati, brillano come pietre preziose, saltano come pesci d’argento, sono spuma, filo, metallo, rugiada… Inseguo alcune parole… Sono tanto belle che le voglio mettere tutte nella mia poesia… Le afferro al volo, quando se ne vanno ronzando, le catturo, le pulisco, le sguscio, mi preparo davanti il piatto, le sento cristalline, vibranti, eburnee, vegetali, oleose, come frutti, come alghe, come agate, come olive… E allora le rivolto, le agito, me le bevo, me le divoro, le mastico, le vesto a festa, le libero… le lascio come stalattiti nella mia poesia, come pezzetti di legno brunito, come carbone, come relitti di naufragio, regali dell’onda… Tutto è nella parola… Tutta un’idea cambia perché una parola è stata cambiata di posto o perché un’altra si è seduta come una reginetta dentro una frase che non l’aspettava e che le obbedì… Hanno ombra, trasparenza, peso, piume, capelli, hanno tutto ciò che s’andò loro aggiungendo, da tanto rotolare per il fiume, da tanto trasmigrare di patria, da tanto essere radici… Sono antichissime e recentissime… Vivono nel feretro nascosto e nel fiore appena sbocciato…”

(da “Confesso che ho vissuto”)

 

Se le poche frasi sinora riportate vi hanno catturato, così come hanno catturato noi, allora non vi è dubbio che sarete – o sareste, se il meritatissimo sold out vi ha tenuti lontano – stati addirittura rapiti, così come lo siamo stati noi, quando, in apertura dell’interessantissima rassegna “Kantun Winka” dell’Associazione Alma Terra, nei meandri del Castello Angioino di Mola, si sono levate le note e le parole del gruppo Terrae nel “Concerto per Pablo – Al poeta de la pasion total”. Sul palco naturale del gioiello architettonico della provincia di Bari, quattro uomini, alternativamente vestiti "pablo2"di bianco e di nero, forse a voler immediatamente identificare le contraddizioni del paese cantato, hanno affrontato un viaggio alla scoperta dell’universo del poeta cileno Ricardo Eliécer Neftalí Reyes Basoalto, universalmente conosciuto col nome di Pablo Neruda, nel tentativo – più che riuscito – di cantare, come il titolo stesso della piéce dichiarava, Don Pablo e la sua divorante passione per ogni aspetto dell’umana esistenza: amore, amicizia, politica, vita e morte.

Ecco, forse la forza di questo spettacolo è tutta qui: quello che i quattro artisti impegnati fanno non è sciorinare la lettura di qualche poesia del Sommo, magari condendola con musiche in tema e variopinti aneddoti – lì sono buoni tutti –, semmai riescono magicamente a trasportare ogni spettatore, nessuno escluso nonostante la già ricordata straripante presenza di pubblico, al cospetto del Poeta, della sua gente, fin a sentire i piedi "pablo3"ben piantati nella sua terra, ma in una terra scavata con sudore e concimata col sangue, senza alcuna concessione alla storia platinata, alla finzione cinematografica, alla poetica aforistica per cioccolatini, al finto romanticismo o, meglio, a nessun altro romanticismo che non sia puro e vitale. Quel che creano la chitarra di Paolo Mastronardi, le percussioni di Pippo D’Ambrosio, le chitarre ed i fiati di Nico Berardi, non è solo un tappeto sonoro bensì un essenziale commento al viaggio stesso, talmente fedele ed appropriato da riuscire a farcene cogliere gli umori ed i fervori ma finanche i profumi, gli aromi; così le note, per una volta, non appaiono subalterne alle parole, in un perfetto gioco di rimandi che si crea con l’Arte del declamare che appartiene a Rocco Capri Chiumarulo, capace di far ‘sentire’ ogni singola sillaba pronunciata, farla vibrare nell’anima, renderla compiuta, inviolabile, insostituibile, effetto che gli riesce anche quando si propone nel canto, mostrandosi talmente ispirato da riuscire a farci comprendere anche quella lingua così straniera, da farci sentire vicina quella gente così lontana.

I tre inserimenti di brevi video – una dichiarazione dello stesso Neruda, uno spezzone de “La montagna sacra” di Alejandro Jodorowsky ed uno de “Il postino” con gli immensi "pablo4"Massimo Troisi e Philippe Noiret applauditi come fossero presenti (e non è detto che non lo fossero) – come anche la finale incursione della caldissima voce di Loredana Savino, assolutamente confacente alle sonorità affrontate, hanno dato un valore aggiunto ad una serata davvero straordinaria, che è riuscita nell’improba prova di riunire i cuori di tutti i presenti con quello vivo e pulsante di Pablo Neruda, il poeta della passione totale che amava ripetere “io voglio che vengano con me la ragazza, il minatore, l’avvocato, il marinaio, il fabbricante di bambole e che entrino con me in un cinema e che escano a bere con me il vino più rosso. Io qui non vengo a risolvere nulla. Sono venuto solo per cantare e per farti cantare con me”.

Michele Traversa

Direttore responsabile e Editore di LSDmagazine. Esperto di turismo, spettacolo, gastronomia e tecnologia. Attento alle strategie social media e preparato all'interazione tra gli strumenti che questi offrono e la diffusione dei loro contenuti. Collabora con le principali riviste del settore turistico, italiane e straniere, autore di libri e documentari di viaggio e di mostre fotografiche.