Tempo di lettura: 2 minuti

Solo chi non ha mai scritto lettere d’amore fa veramente ridere”.

Ecco, forse abbiamo finalmente capito cosa fa Roberto Vecchioni mentre canta: un tempo avevamo supposto si dimenasse come un ossesso in preda ad una crisi isterica nel malriuscito tentativo di dirigere i propri musicisti, ma oggi che il Maestro, alla bella età delle settantadue primavere, ha preso a presentarsi "nudo" innanzi l’immensa platea di suoi affezionati, con il solo accompagnamento della perfetta chitarra acustica di Massimo Gelmini, crediamo di poter dire senza tema di smentita che Vecchioni scrive, scrive nell’aria, scrive ancora canzoni, poesie, libri, lettere, messaggi per quanti hanno l’immensa fortuna di divenire suoi destinatari, condizione sempre assai ambita se si considera che l’associazione “Vivere d’arte” ha dovuto bissare l’ultimo dei suoi appuntamenti domenicali con la musica d’autore facendo registrare al Teatro Forma altri due magnifici sold out e, a giudicare dall’entusiasmo del pubblico, avrebbe potuto registrarne altrettanti e forse più. Approdato a Bari all’indomani della pubblicazione del libro “Il mercante di luce”, il cantautore milanese ha dimostrato di averne ancora tante di cose da dire, grazie anche all’aiuto di Michela Ventrella, che ha condotto mirabilmente, da ottima padrona di casa, il breve colloquio cui questa rassegna ci ha abituati; la scelta dei brani proposti, lo si comprende immediatamente, viene dettata proprio da questa mai sopita eppure sempre nuova voglia di raccontarsi, di condividere tutta la strada percorsa, tutto il dolore provato, tutta la bellezza incontrata, tutta la luce accecante da cui si è lasciato attraversare ed irradiare, di fare ancora ed, infine, di farsi Poesia. A sentire il Professore, sembra quasi che non vi sia argomento di cui non si possa parlare, nel tentativo se non di comprendere quantomeno di conoscere, aprire gli occhi e, magari, aprirsi ad altre esperienze, altre esistenze, ma senza salire in cattedra mai, senza lanciare sentenze o ultimatum, non perché non vi sia più un nemico – fuori e, soprattutto, dentro noi – ma solo perché, in fondo, ormai basta evidenziarne i contorni per esorcizzarlo, per non averne più paura. E, su tutta la classe che Roberto mette in ogni sua interpretazione e che ne fa, ogni giorno che passa, sempre più esecutore di razza, un monumento nazionale; saremmo restati lì ad ascoltarlo tutta la notte ma, alla fine, non possiamo in alcun modo dirci insoddisfatti della scaletta proposta in questa memorabile incontro, una sorta di Bignami della infinita carriera del nostro, che ha scelto alcuni dei capitoli più luminosi della sua avventura musicale. Scorrono così “L’ultimo spettacolo”. “Il cielo capovolto, “Le lettere d’amore”, “Le due madri”, “Vincent”, “Sogna ragazzo sogna”, “La bellezza”, “La mia ragazza”, la splendida “Le rose blu”, dedicata alla scoperta della grave malattia di suo figlio, più volte ricordata nel corso della serata, e la vincitrice del Festival di Sanremo “Chiamami ancora amore”. E quando pensi che quell’uomo, già duramente provato nel corpo e nell’animo, non ce la faccia proprio più a continuare la sua performance, eccolo rialzarsi e, con guizzo entusiasta da fanciullino e voce roca di vecchio professore, intonare “Luci a San Siro”, probabilmente il suo raggio di luce più luminoso e splendente, che ancora una volta ci cattura e ci riscalda il cuore.

Michele Traversa

Direttore responsabile e Editore di LSDmagazine. Esperto di turismo, spettacolo, gastronomia e tecnologia. Attento alle strategie social media e preparato all'interazione tra gli strumenti che questi offrono e la diffusione dei loro contenuti. Collabora con le principali riviste del settore turistico, italiane e straniere, autore di libri e documentari di viaggio e di mostre fotografiche.