Tempo di lettura: 2 minuti

"exm.1"Non costruite robot troppo sofisticati, specie se di genere femminile, perchè alla fine prenderanno il sopravvento con tutta la crudeltà di una macchina e la seduzione di una donna. Su questo tema non certo nuovo si sviluppa "Ex Machina" future-thriller a firma di Alex Garland, passato ieri sera al Bif&st e in sala con Universal dal 16 aprile. Un film che gioca, tra l’altro, su una location straordinaria in una natura altrettanto bella. "Ex Machina" racconta di Nathan (Oscar Isaac), programmatore miliardario, una sorta di Steve Jobs alla potenza, che coinvolge Caleb (Domhnall Gleeson), esperto di intelligenza artificiale, nel testing di Turing (quello che valuta quanto una macchina sia davvero umana). Alla prova la sua ultima invenzione: Ava (Alicia Vikander), un robot-donna dotato di un’avanzatissima intelligenza artificiale come di un fisico perfetto. Il ragazzo si ritroverà a trascorrere una settimana in compagnia dell’androide in un’isolata e avveniristica villa, piena di tecnologia, di proprietà di Nathan, uomo geniale appassionato del culto del corpo oltre che della mente. Ma quello che accadrà tra Caleb ed Ava, un robot la cui intelligenza è stata programmata anche attraverso i profili dei milioni di persone che agiscono sui social, è davvero inimmaginabile come anche lo sviluppo di una storia dal finale sconcertante e senza speranza. "Il film – spiega Garland, passato da sceneggiatore all’esordio alla regia – parla di tre persone che mettono a confronto i loro cervelli, di come si mettano reciprocamente alla prova, di come tentino di sconfiggersi l’un l’altro mentalmente e formino alleanze tra di loro". Il film, continua il regista, "parla di tecnologia e del ruolo che questa gioca nelle nostre vite e anche della paranoia nei confronti dell’intelligenza artificiale e dei computer. Io però mi avvicino a questa questione da una angolazione leggermente diversa, perchè non ho paranoie rispetto alla storia del film e anzi la mia simpatia, alla fine, va al robot". Per la straordinaria casa di Nathan sono state utilizzate due location che sono nel raggio di pochi chilometri l’una dall’altra nei fiordi norvegesi fuori da una città chiamata Valldal. Ovvero una casa e un albergo in una parte piuttosto remota che erano stati entrambi costruiti dallo stesso architetto e dunque con un design simile. Per quanto riguarda il robot, l’idea era quella di trovare un’immagine che non facesse troppo riferimento ai robot del passato. "E’ stata così utilizzata una rete, una maglia metallica come una ragnatela con alcuni punti luce attraverso cui si può guardare dentro e vedere la struttura dello scheletro. Non volevamo che lei fosse troppo elettronica o troppo meccanica, ma una sovrapposizione tra naturale e robotico".

Michele Traversa

Direttore responsabile e Editore di LSDmagazine. Esperto di turismo, spettacolo, gastronomia e tecnologia. Attento alle strategie social media e preparato all'interazione tra gli strumenti che questi offrono e la diffusione dei loro contenuti. Collabora con le principali riviste del settore turistico, italiane e straniere, autore di libri e documentari di viaggio e di mostre fotografiche.