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"annaud_lsd"Viva il lupo e la natura. Vedere il film di Jean-Jacques Annaud e ritrovarsi innamorati di questo animale è un tutt’uno. Passato ieri sera al Bari International Film Festival in anteprima nazionale e in sala da giovedì con Notorius, il film è un esperienza di bellezza del paesaggio cinese, la Mongolia, e delle virtù di questo animale gerarchico, paziente e astuto. Ma è anche un modo per rivisitare con indulgenza un periodo storico, quella della Rivoluzione culturale, ovvero gli anni in cui è ambientato il film. "Il libro da cui è tratto ("Il totem del lupo" di Jiang Rong, Mondadori) – ha detto ieri al Petruzzelli il regista – è quello più venduto in Cina dopo il "Libretto rosso". Ogni scena poi di questo film, che mi è costato sette anni di vita, è al 99% originale". Una cosa davvero difficile da credere. Perchè le scene che si vedono sono da cartoon tanto l’addestratore di lupi mongoli, Andrew Simpson, ha reso affidabili questi animali che ha cresciuto uno per uno prima della lavorazione. Protagonista del film Chen Zhen, giovane studente di Pechino che viene inviato con tanto di valigia piena di libri nelle zone interne della Mongolia in una tribù nomade di pastori con la mission dell’insegnamento-indottrinamento al comunismo. A contatto con questa realtà sarà alla fine Chen ad essere indottrinato da questa cultura totemica che vede il lupo come la creatura vivente più riverita e ammirata della steppa. Sedotto dal lupo e affascinato dall’astuzia e dalla forza dell’animale, Chen trova un cucciolo e decide di addomesticarlo. Si crea così un forte rapporto tra i due che dovrà vedersela con la decisione di un ufficiale del governo comunista di eliminare, a qualunque costo, tutti i lupi della regione.

Dal regista de "Il nome della rosa", "Sette anni in Tibet" e "L’orso", arriva questa "storia sentimentale" che in qualche modo ha riguardato il regista francese. "Cloudy, il re dei lupi, dall’inizio ha preso a girarmi intorno, ad annusarmi, gli sono piaciuto e tutte le mattine c’erano dieci minuti di passione, mi prendeva il naso, l’orecchio, mi leccava la faccia. Nonostante l’amore – dice Annaud – ci sono state scene davvero difficili da girare come quelle in cui far correre insieme lupi e cavalli, ai lupi piace la carne dei cavalli e ai cavalli non piace diventare pasto per lupi". Un film, comunque, da 40 milioni di dollari, 480 tecnici, 200 cavalli, un migliaio di pecore, 25 lupi e una cinquantina di addestratori girato in tutto e per tutto in Mongolia. Il lavoro, manco a dirlo, è sostenuto dal WWF e dalla sua campagna "Adotta un lupo", volta a diffondere una corretta conoscenza del lupo in Italia e a tentare di salvaguardarlo come specie, visto che – come si legge all’indirizzo wwf.it/lupo – "oggi muoiono più lupi che in passato: ne vengono uccisi oltre il 20% ogni anno".

 

Foto di: Oronzo Lavermicocca.

Michele Traversa

Direttore responsabile e Editore di LSDmagazine. Esperto di turismo, spettacolo, gastronomia e tecnologia. Attento alle strategie social media e preparato all'interazione tra gli strumenti che questi offrono e la diffusione dei loro contenuti. Collabora con le principali riviste del settore turistico, italiane e straniere, autore di libri e documentari di viaggio e di mostre fotografiche.