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"civello"Il terreno calcato da quanti decidono di affrontare il fertile campo delle cover, lo sanno tutti, è fortemente minato; si corrono grossi pericoli nel frequentarlo, anzi grossissimi, che vanno dal tipico – ça va sans diresaltare in aria giù giù sino alla possibilità di sporcarsi con una sostanza che sembra fango ma fango non è. Eppure ormai tutti – ma proprio tutti – si lasciano irretire dal facile guadagno del cd di cover (meglio se natalizio), perché in un mondo in cui sembra quasi che i fruitori di musica abbiano smesso di pensare col proprio cervello o, meglio, abbiano volutamente messo in stand by ogni neurone avvezzo alla ricerca ed alla sperimentazione, ai marpioni che la fanno da padroni nel mercato discografico non sembra vero di poter alzare ancora qualche soldo con il minimo sforzo necessario, specie se poi il prodotto sfocia in un tour, magari anche bello lungo, che – di solito – si affronta con un gruppo di supporto, composto da stanchi reduci o giovani di belle speranze, messo insieme per disperazione e tenuto su con la colla per non dir di peggio. Il rischio, come abbiamo già detto, è molto alto; l’effetto “piano bar” è sempre in agguato dietro l’angolo, come pure quello “serata tra amici con chitarra”, che magari sarà un po’ più romantico ma sempre orribile è, sino all’odiato, agghiacciante, raggelante, raccapricciante “effetto matrimonio”, un mostro, cui noi guardiamo da sempre con malcelato terrore, dalle mille e più teste che utilizza il canto ammaliante delle Sirene per irretire gli artisti che poi si lasciano soffocare tra le sue spire. Come si può sfuggire alle grinfie di bestia di tali nefaste doti? Ci vogliono armi molto potenti. Magari si potrebbe partire da una scelta della scaletta con cui si abbia il coraggio di sostituire ai soliti brani dei soliti noti anche perle estratte dai forzieri, per esempio, dei Subsonica o dei Negramaro o di Vinicio Capossela “non convenzionale”. Ne deriva che occorrerà un grande produttore artistico, un profondo conoscitore della musica che riesca ad arrangiare i brani con uno spirito tutto nuovo, senza cadere e scadere nelle facili, ovvie e nauseabonde ripetizioni, qualcuno tipo il nostro Nicola Conte. Poi, per i motivi suddetti, ci vuole una grande band, zeppa di ottimi musicisti, gente del calibro di Luca Alemanno al basso, Teppo Makynen alla batteria, Pietro Lussu al pianoforte ed alle tastiere e l’immenso Gaetano Partipilo ai sax. Infine – ma probabilmente dovrebbe essere sempre il primo punto all’ordine del giorno – ci vuole una grande voce, meglio se dal timbro personalissimo, che sappia trasmettere emozioni inedite nonostante la riconoscibilità delle canzoni, seducendo al punto da far pensare che – forse – la cover potrebbe addirittura superare in bellezza l’originale: in poche parole, ci vuole un’artista del calibro di Chiara Civello. Un cd così esiste, è stato pubblicato nel maggio di questo anno che ormai volge al termine, si intitola Canzoni e ne è scaturito un tour che ormai sembra infinito e che si è fermato anche sul palco del Teatro Forma per ben due serate sold out. Non c’è che dire: la commistione tra gli elementi messi in campo è apparsa assolutamente convincente, con la band che, complice anche lo stesso Conte alla chitarra, illuminava in modo eccellente la stella dello spettacolo, in modo che tutti insieme davano nuovo lustro a “Via con me” di Conte (Paolo, non Nicola), “Con una rosa” di Capossela, “Che mi importa del mondo”, cantata in spagnolo, e “Pianissimo”, portate al successo da Rita ‘Giamburrasca’ Pavone, “Senza fine” di Paoli, “E penso a te” di Battisti, “Metti una sera a cena” del Maestro Morricone, ma anche a “Mentre tutto scorre” dei Negramaro (pare che Giuliano Sangiorgi abbia molto gradito) e “Va bene va bene così” di Vasco, per poi chiudere sulle note di quel gioiello del grande Umberto Bindi che risponde al nome di “Arrivederci”. Eppure, in mezzo a tutta questa magnificenza di musica e parole, con i musicisti che davano tutti del loro meglio, probabilmente c’è un momento che più di ogni altro non dimenticheremo di questa serata, che crediamo si sia impresso in modo indelebile nella nostra memoria: è quello in cui Chiara, in assoluta solitudine, armata solo della sua chitarra, ha affrontato due capolavori assoluti della musica di tutti i tempi come “Il mondo” di Jimmy Fontana e “Io che amo solo te” di Sergio Endrigo

Michele Traversa

Direttore responsabile e Editore di LSDmagazine. Esperto di turismo, spettacolo, gastronomia e tecnologia. Attento alle strategie social media e preparato all'interazione tra gli strumenti che questi offrono e la diffusione dei loro contenuti. Collabora con le principali riviste del settore turistico, italiane e straniere, autore di libri e documentari di viaggio e di mostre fotografiche.