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"Non si vede bene che col cuore, l’essenziale è invisibile agli occhi", così scriveva Antoine de Saint Exupéry nel suo Il piccolo principe, è questa la considerazione che noi di LSD magazine abbiamo fatto intervistando lo chef pluristellato Davide Scabin, noto al piccolo schermo per le partecipazioni a La prova del cuoco e al talent culinario La terra dei cuochi, entrambi con Antonella Clerici, sulla rete ammiraglia della Rai. Spesso i format televisivi restituiscono una realtà falsata e limitata agli occhi di chi guarda, e a volte lo fanno scientemente. Scabin è una persona molto strutturata, sì, è vero, ma che conosce la levità, entusiasta del suo lavoro e di ciò che accade, un uomo costantemente in evoluzione, lontano dai clichè che la telecamera impone. Il famoso chef piemontese ci parla in inglese e di industrial design equiparato al lavoro dello chef che codifica un procedimento per poi riprodurlo, non dimentichiamo che il suo ristorante è adiacente al museo d’arte contemporanea del Castello di Rivoli e quindi lui l’arte la respira; Scabin mette in evidenza, a latere delle domande, che scegliere di cucinare per una persona è sempre un atto d’amore, diverso dalla mamma che fa suggere il seno al suo bambino, perché è nella natura, è cucinargli per vent’anni ancora che è il vero gesto d’amore. E noi capiamo mentre discorre amabilmente che il successo per quanto lo attiene non è casuale. Ci confessa anche che tre donne gli hanno detto che grazie a lui e alla sua cucina sono uscite dall’anoressia ma lui si schernisce dicendo che evidentemente sono state delle fortunose concause…

Lo abbiamo incontrato in occasione della inaugurazione della Mediterrean Cooking School a Ceglie Messapica nello spelndido scenario dell’ex convento dei Domenicani, all’interno del Week end del gusto, organizzato dall’Associazione Officina di Cucina “Angelo Ricci”, presieduta dallo chef stellato Antonella Ricci, che ha attirato circa cinquemila presenze per la Scuola Internazionale di Cucina e quasi mille per le lezioni gratuite. Scabin era superospite.

“2 stelle Michelin, 2 Forchette Gambero Rosso, il suo ristorante Combal.zero (si legga Combal punto zero) è al 28° posto dei 50 Best restaurants, la classifica dei migliori ristoranti al mondo. Volto noto della tv, ispiratore del film “Tutte le donne della mia vita” con Luca Zingaretti, maestro Scabin, come si arriva al successo?”

Con la passione e l’intelligenza.

“E lo studio?”

 Lo studio fa parte della passione.

“Lei unisce la tradizione alla creatività dando spazio all’innovazione non solo nel prodotto finito ma anche nel processo: penso ad esempio alle tre ESSE “Scabin Salt System”, le giuste dosi da utilizzare in cucina per eliminare quel q.b. dalle ricette e lo fa con pasticche, gelatine, ecc…Quanto sono importanti lo studio costante, la creatività e l’innovazione per uno chef come lei?”

Tre aspetti che in uno chef contemporaneo non possono essere dissociati, devono essere messi nell’alveo della ricerca sotto la direttiva che tutti i creativi dovrebbero avere: “la morale del gusto”.

"scapin_anna"Ha letteralmente lanciato la cucina italiana nello spazio con il progetto SPACE FOOD per gli astronauti della NASA: 5 portate, dall’antipasto al dolce, disidratate, termostabilizzate e sterilizzate. Quanto conta la sperimentazione in cucina?

Dietro un prodotto industriale, che non deve essere letto con l’accezione deteriore che siamo soliti dare, dietro un prodotto industriale, dicevo, c’è un processo industrializzato, cioè riproducibile, esattamente come un’opera di industrial design, che ha inventato l’Italia.

Credo di essere più vicino io alla cucina della nonna che non coloro che parlano di cucina tradizionale, perché bisogna riprodurre nella cultura, nel sapere e nel modo di fare la cucina delle nonne per renderla contemporanea. Bisogna considerare che tra due generazioni avremo le nonne del ’68, che non cucineranno, quindi un buco antropologico, dobbiamo lavorare per tramandare la cultura del cibo e della cucina.  Poi ci sarà la generazione delle food blogger…

“E’ certo che la ricca tradizione culinaria piemontese sia alla base della sua cucina, cosa pensa della tradizione culinaria pugliese, espressione della dieta mediterranea, che appartiene al nostro codice genetico, al nostro DNA, diventata patrimonio immateriale dell’umanità UNESCO?

Quale piatto pugliese, se ce n’è uno, elaborerebbe secondo la sua creatività?”

La forza della cucina è la tendenza, se non codifichiamo la cucina mediterranea  rischiamo che subentri un’altra tendenza, non italiana, e siccome siamo esterofili il rischio è maggiore.

Per quanto riguarda il piatto, questa è la mia seconda volta in Puglia, però ho mangiato pugliese nelle case dei miei amici di scuola a Torino, città che, per via della FIAT, era piena di pugliesi.

Le fave certo costituiscono per me un’attrazione, un materiale nuovo su cui lavorare, ho l’hard disk pulito nei confronti di questo alimento, non devo seguire degli input, ma non devo neanche snaturarlo. Questo è il mio approccio, lo faccio con tutto. Avere il pensiero creativo non vuol dire tramutarlo in “famolo strano”, voglio dire, per fare un fondo di fagiano devi sapere come si fa, però deve essere contemporaneo. La Puglia deve fare un gran lavoro per rendere contemporaneo quello straordinario patrimonio di verdure e leguminacee che ha. Ad esempio i “pomodori scattati” che abbiamo mangiato,  possono avere una valenza mondiale, bisogna mantenere il sapere di come si fanno, ma di lì bisogna partire affinchè ci sia lo switch che faccia diventare quel piatto un piatto di successo a Gastronomika. Nel mio ristorante, per esempio, non ho ancora messo nel menu un piatto al pomodoro, perché non mi sento ancora pronto.

"scapin"Dovete stare attenti voi pugliesi, l’omologazione dei sapori la creano le tecniche, se qui arriva la bassa temperatura perdete tutti i sapori, diventa tutto uguale.

C’è grande attenzione a cosa si serve a tavola, al cibo che si mette nel piatto, un po’ per la crisi incipiente, un po’ per un’attenzione maggiore agli alimenti proprio in funzione salutistica. Cioè la cucina può essere anche curativa, ma anche preventiva di alcune malattie serie. Ecco, è in questo solco che si inscrive il suo ultimo progetto della “Food cleanic”, in collaborazione con il team del dottor Matteo Goss dell’ospedale Le Molinette di Torino, cui ha fatto accenno recentemente a Porta a Porta, ospite di Bruno Vespa? Ce ne parla?

Non ho alcuna velleità di diventare un guru, beninteso, ma manca l’anello di congiunzione tra sapere medico-scientifico e chi ha delle malattie. Le materie prime passano dallo chef. E’ per questo che sto elaborando delle linee semplici per non perdere il piacere di alimentarsi. A Milano, ad esempio, ho presentato per il FFF, Food For Fighting, per chi lotta contro le malattie, una ricerca per applicare le conoscenze mediche alla cucina. L’obiettivo è la fondazione di una Food cleanic (da clean, pulito, sano ndr) perché il pasto torni ad essere momento di gioia anche per chi è affetto da una patologia. Pensiamo a chi è affetto da celiachia, oppure dalla sindrome dell’intestino irritabile, ibs, a Milano ho presentato due piatti per la duplice faccia di questo disturbo cioè per chi soffre di dissenteria: un carrè di agnello brodettato su radicchio rosso e salsa di uovo al formaggio e prezzemolo, ricetta “stop running”, per l’ibs associata a stitichezza, invece, ho elaborato una ricetta “go runnig”, una bavarese di kiwi disidratati, servita con meringhette di manna.

Per quanto attiene altre malattie come le neoplasie, i malati sottoposti a trattamento chemioterapico hanno come effetto la disgenusia, cioè l’abbassamento o l’alterazione del senso del gusto ma anche l’irritazione, l’infiammazione delle mucose (mucosite) e sentono in bocca un sapore di ferro, diventano inappetenti, cosa che influisce negativamente sulla loro mente, sul loro umore perché perdere il piacere del gusto, della tavola, e anche della goliardia a tavola e il piacere del palato non è salutare. Ecco perché sto creando la Fondazione Food Cleanic, che sarà dapprima una piattaforma oper source, cioè non un sistema chiuso, ma aperto, in grado di dialogare.

Grazie mille a Davide Scabin. 

Michele Traversa

Direttore responsabile e Editore di LSDmagazine. Esperto di turismo, spettacolo, gastronomia e tecnologia. Attento alle strategie social media e preparato all'interazione tra gli strumenti che questi offrono e la diffusione dei loro contenuti. Collabora con le principali riviste del settore turistico, italiane e straniere, autore di libri e documentari di viaggio e di mostre fotografiche.