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"EmilyC’era il pubblico delle grandi occasioni il 4 giugno del 1913 al Derby di Epsom, in Inghilterra. C’era anche la famiglia reale. Uno degli appuntamenti sportivi più importanti e attesi dell’anno. La suffragetta Emily Wilding Davison sapeva che sarebbe stata l’occasione perfetta per far sentire la propria voce e perorare la propria causa -il riconoscimento del diritto di voto alle donne- attirando addirittura l’attenzione del sovrano Giorgio V. Lo fece ponendosi davanti al suo cavallo, Anmer, che però non si fermò e la travolse. Emily rimase gravemente ferita e morì quattro giorni dopo senza aver mai ripreso conoscenza.

Cento anni dopo si ricorda l’anniversario di quel gesto che fece di Emily Davison una martire e ci si chiede se non fu in quel momento che nasceva il femminismo. Come Emily un secolo fa sbucò dal nulla, resoluta, per porsi davanti al cavallo più blasonato e così facendo si metteva a muso duro contro l’establishment, quel mondo di uomini che non riconosceva quanto dovuto, così da allora ogni volta che una donna è scesa in piazza nei decenni e attraverso le generazioni, ogni volta che ha alzato cartelli e scandito slogan, anche senza saperlo ha a suo modo rievocato quel gesto di Emily Davison.

Non era la prima volta che Emily Davison manifestava in maniera clamorosa il suo dissenso. Le suffragette in quel periodo avevano intensificato la loro campagna e, dopo che all’inizio del 1913 il parlamento aveva nuovamente respinto una loro proposta, erano solite scegliere luoghi e modi altamente simbolici per farsi sentire. Gli eventi sportivi erano perfetti a questo scopo: erano luoghi emblematici per la forte presenza maschile, posti e cose ‘da uominì insomma, che diventavano il bersaglio ideale. Come nel caso di una suffragetta che riuscì a scavalcare la recinzione di un campo di tennis a Wimbledon ‘armatà di tutto l’occorrente per appiccare un incendio. Fu fermata prima che potesse portare a termine la sua ‘missionè. Ma sarebbe tornata. Proprio come le altre che non demordevano e organizzavano dimostrazioni quasi a scadenza quotidiana.

Tra loro Emily Davison era nota per le sue ‘impresè. In particolare erano note la sua caparbia e la sua determinazione. Sulla biografia della suffragetta tra le più famose esiste un’ampia letteratura che si sofferma spesso su quel carattere irrequieto e anche imprevedibile e c’è chi arriva ad ipotizzare che il ‘martiriò non fu causale, che la donna era assolutamente consapevole del rischio cui andava incontro scegliendo di sfidare un cavallo e il suo fantino sul circuito della loro corsa invece che infrangere un vetro o attaccare un volantino, e che anzi il fatto che potesse perdere la vita in quel momento poteva addirittura essere tra gli obiettivi.

Rimane tuttavia la forza simbolica di quel momento che se nell’immediato diede clamore a quella causa e al movimento delle suffragette -che avrebbe raggiunto il suo obiettivo 15 anni più tardi con il riconoscimento del diritto di volto alle donne nel 1928- oggi resta ispirazione: per le donne in Pakistan che creano un piccolo ma agguerrito movimento, per le europee che un secolo dopo la morte di Emily Davison sono ancora costrette a farsi sentire nelle piazze, per le Femen che manifestano a seno nudo finendo spesso allontanate dalla polizia.

Michele Traversa

Direttore responsabile e Editore di LSDmagazine. Esperto di turismo, spettacolo, gastronomia e tecnologia. Attento alle strategie social media e preparato all'interazione tra gli strumenti che questi offrono e la diffusione dei loro contenuti. Collabora con le principali riviste del settore turistico, italiane e straniere, autore di libri e documentari di viaggio e di mostre fotografiche.