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In “Gli amanti passeggeri”, ultima pellicola di Pedro Almodòvar, il tratto registico tanto originale, il colorismo allegro e una mirabile colonna sonora è tutto quello che rimane dell’inconfondibile firma del regista spagnolo, oltre alla presenza di alcuni suoi attori feticcio come Javier Càmara, Cecilia Roth e Lola Dueñas.
Il film è una commedia leggera, forse troppo leggera, dove il complesso mondo solitamente raccontato da Almodòvar, quel melò raffinato, quella complicità tra donne descritta così ironicamente in un universo femminile attivo e coraggioso, i sentimenti e i dolori resi con quella vicinanza delicata e disincantata, tutto questo lascia il posto a una storia dove l’omosessualità e la sessualità in generale è descritta con un’ironia alquanto macchiettistica e decisamente superficiale in una trama un po’ sconclusionata.
A La Vanguardia, il regista confessa di essere stato caldamente invitato a realizzare una commedia dagli ambienti di El deseo, la sua casa di produzione, congiuntamente a un suo desiderio latente di darsi a questo genere, e di come poi questo progetto si sia realizzato, dalla facilità con cui lo ha abbozzato allo sforzo di conferire peso, personaggi e trama, processo evidente nella capacità di creare situazioni simpatiche e nella palese difficoltà di convertirle in una commedia ben strutturata, come si evince dalle sue stesse parole: “Da tempo volevo girare una commedia, ma non bastava. Dovevo capire quale e come, e svilupparla. Mi risulta molto facile mettermi a scrivere delle pagine divertenti. Ci volle molto tempo invece perché guadagnassero spessore e che si trasformassero in una storia, con personaggi, etc..”.
Si ride, certo, soprattutto grazie allo stereotipo omosessuale di alcune movenze, espressioni e battute, dove le dinamiche relazionali sono ridotte ai minimi termini, quando invece sono state il punto di forza del regista di “Parla con lei”. Sembra quasi aver ottenuto un effetto opposto a quello sperato, se ammette di prediligere attori eterosessuali per parti omosessualiversante omosessuale, includendo anche una scena di sesso eterosessuale quasi orgiastica che non è erotismo e non ha una precisa collocazione all’interno della vicenda. Il contenuto, alla fine, risulta un po’ vuoto, oltre la facile risate non si torna a casa con nessun tipo di riflessione, anche se nel film si fa riferimento a due episodi, in particolare, d’attualità spagnola, lo scandalo Noos e le inchieste circa gli aeroporti fantasma.
Sembra quasi si sia operata tuttavia una scelta consapevole verso il disimpegnato: ma Almodòvar è Almodòvar quando è serio, perché non lo è stato mai in modo pedante, sapendo alternare sapientemente il riso e la riflessione, catturando gli occhi con le lunghe inquadrature un po’ retrò, la texture visiva nostalgica ma allegra, con quella vitalità che gli è propria, sapendo descrivere da diversi punti di vista sentimenti e sessualità sempre in modo originale e non scontato.

Michele Traversa

Direttore responsabile e Editore di LSDmagazine. Esperto di turismo, spettacolo, gastronomia e tecnologia. Attento alle strategie social media e preparato all'interazione tra gli strumenti che questi offrono e la diffusione dei loro contenuti. Collabora con le principali riviste del settore turistico, italiane e straniere, autore di libri e documentari di viaggio e di mostre fotografiche.