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10 luglio – SOUND PRINTS: JOE LOVANO & DAVE DOUGLAS QUINTET

Martedì 10 luglio, la serata all’Arena Santa Giuliana è cominciata con il quintetto del sassofonista Joe Lovano e del trombettista Dave Duglas,  accompagnati da Lawrence Fields, Linda Oh e Joey Baron. Quando due elementi del gotha del jazz mondiale, vincitori entrambi di diversi Grammy awards, si mettono insieme per esplorare l’universo dell’icona vivente Wayne Shorter, non si può che ottenere un risultato di altissimo livello. In un festival dove Il Jazz è estremamente contaminato dallo swing, dal funk, dal rock, dal soul, e persino dal pop, questo concerto si distingue per la purezza del jazz, seppure lo stesso Shorter si sia indirizzato a volte verso diverse traiettorie musicali. Non sono solo i pezzi noti di Shorter a incantare il pubblico attento, ma anche e soprattutto gli inediti dello stesso, e anche delle composizioni originali del quintetto che convergevano nello stesso suo stile. L’elegante fusione di questi due maestri non toglie spazio agli altri tre elementi della band, che si distinguono per l’inimitabile drumming di Joey Baron, la purezza espressiva della bassista malesiana Linda Oh, e la creativa manipolazione dei tasti di Lawrence Fields.

10 luglio – ENRICO RAVA & PMJ ORCHESTRA
Per la seconda parte della serata, salgono sul palco ben 12 elementi di una big band capitanata dal noto trombettista italiano Enrico Rava, che si propone con una grande sfida, quella di interpretare in chiave Jazz la musica della più grande icona pop di tutti i tempi: Michael Jackson. La musica pop raramente vede degli strumenti a fiato nell’organico delle band che la interpretano, qui invece ne abbiamo sei: Enrico Rava, Claudio Corvini e Andrea Tofanelli alla tromba, il grande Mauro Ottolini al trombone, Dan Kinzelman e Daniele Tittarelli al sax. La scelta del primo pezzo di Jackson (Speechless) è molto melodica, e ben si sposa nella scelta di dare ai fiati la voce. Anche They don’t care about us, con un accurato gioco ritmato da trombe e trombone ha una bellissima resa. Al terzo brano, la sfida diventa eccessiva, e purtroppo viene persa, tanto da far alzare e andar via parte del pubblico. È la volta di Thriller, e la musica di Rod Temperton, resa famosa dal balletto di Michael, non regge il confronto. I fiati non esprimono la stessa energia, e chi era al concerto per il Tributo a Jackson, va via, a mio parere sbagliando, perché, se in prima fila avevamo dei fiati di alto livello, nelle retrovie del palco c’erano degli altri strumentisti non da meno. Ed è prorio quando la scena viene lasciata a uno dei migliori bassisti italiani in circolazione, Dario Deidda, che l’amima di Jackson viene fuori. La sua interpretazione rianima il pubblico entusiasta. Anche la chitarra di Marcello Giannini riaccende il pop, e il ritmo è ben cadenzato dalla batteria di Zeno De Rossi e dalle percussioni di Ernesto Lopez Maturel. I fiati riprendono la scena con un paio di pezzi di Rava, e naturalmente la maestria del trombettista qui riprende quota. L’attenzione si sposta per finire sul talentuoso pianista Giovanni Guidi, nonché autore degli ultimi due brani.

11 luglio – AL JARREAU
Una dedica particolare, per la serata di mercoledì 11 luglio, al nostro amato Lucio Dalla, che avrebbe duettato con quello che è è stato il protagonista della prima parte della serata, ossia Al Jarreau. Dopo una polmonite che ha causato la cancellazione di molte date del suo tour, Al sale sul palco di Umbria Jazz ancora un po’ provato, ma con un’energia incredibile che esprime a pieno nella sua voce, che, nonostante l’età, conserva timbrica e vocalità inconfondibili. Siamo di fronte al un vero mostro sacro della musica di tutti i tempi, un artista che ha vinto ben sette Grammy Awards, e l’unico in tre diverse categorie: jazz, pop, and R&B. Nei suoi vocalizzi si esprimono le sonorità di una serie di strumenti, difatti è incredibile come intoni delle ritmiche che poi vengono riprese allo stesso modo dalle percussioni, o dal sassofono, o dalla batteria. Nella sua timbrica prendono vita le vibrazioni della musica africana, l’eleganza del jazz statunitense, la poesia della canzone francese e il ritmo del pop inglese, insomma un miscuglio internazionale che si fonde in mille suoni ed un’unica voce.Il pubblico si è alzato per raggiungere il palco, ballare, cantare, e lasciarsi coinvolgere dal sound del grandissimo Al.

11 luglio – ERYKAH BADU
L’arena già piena per il concerto precedente è diventata “gremita” di gente. Il primo concerto del festival che vede l’arena completamente affollata, in attesa di lei, la regina del Soul, Erykah Badu! Ho già descritto Erykah nel precedente articolo di presentazione al suo concerto di Villa Arconati, vicino Milano. Ma a quel concerto non ci sono stata, aspettavo di vederla qui, nella maggica atmosfera di Umbria Jazz. La folla è entusiasta e si lascia trasportare dalle sinuose movenze che il soul provoca. Lei è splendida come sempre. Entra in scena con un’elegante soprabito color sabbia che la dipinge austera, e contenuta, fino a quando si spoglia del soprabito e tira fuori la sua anima grintosa, in magliettina nera e pantaloni giallo limone. Tutto nel suo perfetto stile trasformista! Si diverte ad incantare il pubblico e i fotografi con le sue movenze sinuose, le sue braccia alzate da diva, il suo sguardo penetrante, alternato da occhi sochiusi e testa leggermente piegata all’indietro. La sua voce avvolge, riscalda, e poi esplode energicamente. Insomma non è solo musica, ma un grande show. Ma non è solo la musica della Badu che la fa essere un mito, ma anche i messaggi che racchiude nei suoi testi, che toccano questioni sociali e relazionali, il suo stile di vita, il suo essere attiva e attivista, il suo essere “mamma soprattutto”. Ho sentito una donna di colore con uno splendido turbante in testa dire durante il concerto: “se lei me lo chiedesse, in qualsiasi momento della mia vita, dovessi anche essere anche in difficoltà, io la ospiterei, le aprirei la porta della mia casa, perché io la stimo tantissimo, è davvero una grande donna”. Questa frase mi ha riportato un po’ al mito di Marley, che però viveva in un periodo dove i valori sociali erano urlati e ricercati, sentire oggi questa frase mi ha molto colpito. Erykah il suo essere mamma l’ha anche voluto eprimere sul palco facendo salire le sue bimbe, lasciando cantare la più piccola e sorridere tutto il pubblico.
Questa sera il mitico e grandissimo Path Metheny, con la sua Unity Band.
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Foto di Mariagrazia Giove, riproduzione non consentita

Mariagrazia Giove