Tempo di lettura: 3 minuti

"On
“Caro Marlon, vorrei chiederti di acquistare i diritti di On the Road per farne un film. Non preoccuparti della struttura del libro, saprei comprimere e riorganizzare la trama quel tanto che basta per farne un film dalla struttura perfettamente accettabile: rendendolo un viaggio unico invece che una serie di viaggi da una costa all’altra, come avviene nel romanzo – un viaggio di andata e ritorno che parte da New York, passa per Denver, fino ad arrivare a Frisco, in Messico, a New Orleans e poi di nuovo a New York”.

Questo era l’inizio della lettera che Jack Kerouac scrisse a Marlo Brando nel 1957, ma non ebbe mai risposta. Il motivo rimane tutt’ oggi sconosciuto.

“Già mi vedo le belle inquadrature”– continua Kerouac –“che potrebbero essere fatte con la camera sul sedile anteriore della vettura che mostra la strada (giorno e notte) che scorre davanti al parabrezza, mentre Sal e Dean chiacchierano fra di loro."

Queste belle inquadrature non le potranno mai vedere né Kerouac né Brando, ma finalmente qualcuno ha deciso di trasporre in immagini il romanzo manifesto della Beat Generation. Chi è costui? Francis Ford Coppola, a mio parere il più grande regista dagli anni ’70 ad oggi. Lui lo ha prodotto con la sua American Zoetrope, affidando invece la regia a Walter Salles, colui che ha diretto “I diari della motocicletta” e che ha riunito per questa occasione tutti i collaboratori di quel film. La scelta registica penso proprio sia avvenuta basandosi sullo stile del film che narra la vita del giovane Ernesto Guevara: uno stile, quello di Salles, che si sposa pienamente con le immagini evocate dalle pagine di Kerouac.
On the Road” verrà presentato in questo mese al festival di Cannes e uscirà il prossimo ottobre nelle sale italiane.
Non è certo il primo film ispirato dal beat americano. Ricordiamo: “Pull my Daisy” con la voce fuori campo dello stesso Kerouac e interpretato da Corso, Ginsberg e Orlovsky, “La nostra vita comincia di notte”, “Il pasto nudo” e il recente “Urlo”, dove Allen Ginsberg è interpretato da James Franco.

"OnL’ indimenticata Fernanda Pivano, che alla Beat Generation dedicò gran parte della sua vita, fu la prima ad introdurre in Italia negli anni ’60 quelle figure letterarie rivoluzionarie ed anticonformiste made in USA, facendoci conoscere autori del calibro dello stesso Kerouac, Allen Ginsberg, William Borroughs, Gregory Corso, Peter Orlovsky ed il loro poeta precursore Edgar Lee Masters. Chi pensa che la Beat Generation sia solo un insieme di sconclusionati racconti quasi depressivi a base di droga, sesso, rock’n’roll e vita di strada dovrebbe leggere tutti gli scritti della Pivano e tutte le opere dei sovracitati autori. Si scopre un mondo, una dimensione parallela dell’essere umano che scava, soffre e si contorce nei meandri di una vita difficile, da emarginati sociali, da veri geni incompresi che trovano sfogo nel viaggio (fisico e mentale) e nel fare esperienze finchè si può, finchè si è giovani, finchè è moralmente vietato essere omosessuali nel posto in cui vivi.
E le loro riflessioni sulla società e sulla politica statunitense sono davvero uniche.
Anacronisticamente, la frase di Kurt Cobain “è meglio bruciare in fretta che spegnersi lentamente” sarebbe stata un motto perfetto per il pensiero della Beat Generation, almeno per quanto riguarda le tematiche delle loro opere. Infatti non tutti gli autori Beat hanno seguito questa filosofia, visto che alcuni sono sopravvissuti a quella vita raggiungendo anche il 21mo secolo. Invece proprio Kerouac si spense (non lentamente e in modo molto poco piacevole) nel 1969, divenendo il simbolo assoluto di quel movimento letterario.

Tornando al film: Francis Ford Coppola negli ultimi anni si è reso famoso per aver sperimentato qualsiasi tipo di film, sia da produttore sia da regista, ottenendo sempre risultati quanto meno incostanti. E’ riuscito ad alternare film di qualità decisamente discutibile a vere e proprie opere d’arte, coinvolgendo sé stesso, sua figlia Sofia e la propria casa di produzione American Zoetrope.
Per citare gli ultimi: “The Good Shepherd” – bello; “Un’altra giovinezza” – fossi in lui lo disconoscerei; “Segreti di Famiglia” – capolavoro; “Somewhere” – carino, ma decisamente sopravvalutato; “Twixt” – film sui vampiri con alcune sequenze in 3D che sta faticando a trovare distribuzione addirittura negli USA.
Ora, se la statistica mi rende giustizia, “On the Road” dovrebbe essere un bel film: il materiale perchè lo sia c’è tutto. Oltre al romanzo di Kerouac riadattato nella sceneggiatura dell’ ottimo Jose Rivera (“I diari della motocicletta”, “Letters to Juliet”), ci sono un bravissimo regista e un cast di tutto rispetto: Sam Riley, Kristen Stewart, Kirsten Dunst, Viggo Mortensen, Amy Adams, Steve Buscemi, Garrett Hedlund.
Location: gli States in lungo e in largo, dalla East alla West Coast, con una capatina in Messico.
Insomma, gli ingredienti per un gran bel film ci sono tutti. Attendo di vederlo con ansia.

« Dobbiamo andare e non fermarci finché non siamo arrivati»
«Dove andiamo?»
«Non lo so, ma dobbiamo andare»
(On The Road – Jack Kerouac, 1951)
[wp_youtube]-Iwd7ZXi3DM[/wp_youtube]

Michele Traversa

Direttore responsabile e Editore di LSDmagazine. Esperto di turismo, spettacolo, gastronomia e tecnologia. Attento alle strategie social media e preparato all'interazione tra gli strumenti che questi offrono e la diffusione dei loro contenuti. Collabora con le principali riviste del settore turistico, italiane e straniere, autore di libri e documentari di viaggio e di mostre fotografiche.