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"Ilaria‘Potrebbe accadere anche a me?’ E’ la domanda inquietante che nasce dopo aver letto l’ultimo libro di Ilaria Cavo, ‘Cortocircuito. Storie di ordinaria ingiustizia’, edito da Mondadori.
Giornalista di cronaca giudiziaria prima per ‘Porta a Porta’, poi, dal 2006 per ‘Matrix’, Ilaria Cavo, gia’ autrice di saggi sul serial killer Donato Bilancia e su Annamaria Franzoni, ha scelto di raccoglire nel suo ultimo saggio, delle comuni storie di ordinaria giustizia o malagiustizia. E approda alla seconda edizione del festival letterario ‘Spiagge d’Autore’, progetto della Regione Puglia -Assessorato al Mediterraneo, Cultura e Turismo- ideato da Confcommercio Puglia, unitamente al Sindacato Italiano Balneari (SIB) e all’Associazione Libri Italiani (ALI), in un doppio appuntamento: oggi, alle 20.30, nel Chiostro di Santa Chiara di Castellaneta, domani, alle 17.00, al Villaggio Nettuno di Molfetta.
In una Italia sospesa per le note vicende giudiziarie che hanno coinvolto la nostra classe politica; in una Italia, la cui giustizia e’ ormai nel mirino della Commissione Europea e della Corte di Giustizia Europea; in una Italia divisa in chi difende a spada tratta l’operato della magistratura e in chi afferma che i magistrati adoperino spesso il loro potere per operazioni di carattere persecutorio e politico, le storie di ‘ordinaria’ giustizia, di normali cittadini, uomini qualunque, padri di famiglia catapultati nel mal funzionamento della macchina giudiziaria, le cui vite, per alcuni, andate in rovina, accuratamente raccontate nel saggio di Ilaria Cavo, assumono una dimensione drammatica e assurda tale da rasentare il grottesco.
Chi non ricorda il caso di malagiustizia, di giustizia spettacolo che investi’, come un ciclone, Enzo Tortora? E che lascio’ indignati, perplessi, attoniti, milioni di italiani?
Molti, dunque, gli interrogativi che il libro suggerisce al lettore nella sua lucida analisi. Alcuni, legati alla possibilita’ che si possa incorrere in errori giudiziari, che si possa essere vittima di casi di giustizia che veda negati i diritti elementari della liberta’ e della dignita’, agghiaccianti. Perche’ si finisce per sbaglio sul banco degli imputati per accuse gravissime, con processi lunghissimi ed estenuanti; perche’ in carcere, da innocenti, si va: dal carabiniere infiltrato tra i pusher e accusato di spaccio, al pensionato accusato ingiustamente della scomparsa della sua giovane amica nel Lago di Como, al dj arrestato per una intercettazione male interpretata; all’ingegnere, dirigente dell’Anas, intrappolato per ben 12 anni, prima che venisse emessa la sentenza di assoluzione, in un processo con l’accusa di omicidio colposo, omissione d’atti d’ufficio e concussione. Storie di ordinaria ingiustizia, a volte dimenticate, a volte trascurate dal circo mediatico dei media. Storie di una folta schiera di ‘uomini qualunque’ sottratti all’anonimato, che riacquistano un volto, una voce, una dignita’, anche se solo letteraria.
Se da una parte il saggio, dal tono pacato, e’ una indagine sul ‘cortocircuito’ che si verifica quando si entra nella spirale dell’errore; dall’altra, pero’, bisogna evitare il rischio di una generalizzata squalifica morale della classe togata. Perche’, vero e’ che i nostri magistrati sono sempre stati in prima linea in momenti terribili della storia italiana, impegnati contro il terrorismo politico, l‘assalto della mafia alle istituzioni, Tangentopoli, gli abusi di potere di una classe dirigente che avrebbe potuto minare i diritti fondamentali dei cittadini comuni.

Ilaria Cavo, si racconta ai lettori di LSDmagazine in una intervista esclusiva.

"IlariaDa cosa e’ nata l’idea di scrivere un libro sulla malagiustizia?

L’idea e’ nata assolutamente dai casi della grande cronaca che seguo con il mio lavoro da inviata nella trasmissione di Mediaset, Matrix. E’ evidente che negli ultimi anni i casi gialli della cronaca nera giudiziaria sono stati insoluti, ci sono stati, cioe’, casi che hanno fatto riflettere su come sono state condotte le indagini e come, poi, si sia arrivati a delle sentenze che erano molto diverse dalle aspettative iniziali. Mi riferisco, per esempio al caso di Garlasco, dove si e’ iniziati con una accusa netta nei confronti di Alberto Stasi e si e’ arrivati, poi, ad una assoluzione, perche’ col tempo si e’ capito che le prove, avanzate dall’accusa, poi, prove non erano. Pero’, per capirlo, c’e’ stato bisogno di tempo. Ho riflettuto, quindi, proprio su come molte nozioni, molte indicazioni venissero veicolate dall’accusa, come se rappresentassero l’unica verita’. E verita’, poi, non era. Insomma, tutto questo mi ha fatto riflettere su come bisogna stare attenti ogni qualvolta ci si imbatta in un caso giudiziario e stare attenti alle tesi accusatorie, ma anche a quelle avanzate dalla difesa. Ho pensato che, molto spesso, io personalmente, da cronista, avevo commesso l’errore, all’inizio della carriera, di prendere sempre come piu’ fondate le tesi proposte dall’accusa e dare meno peso a quello che diceva la difesa. Quindi, molto spesso, affrontando la grande cronaca ci si imbatte nelle tesi opposte. E, proprio la grande cronaca, mi ha suggerito di soppesare entrambe le parti e di non dare alla difesa meno dignita’ e meno forza, rispetto alle tesi dell’accusa. Questo il punto di partenza per il mio libro, a cui si sono abbinate le tante segnalazioni che ho avuto dagli avvocati difensori, che per lavoro contatto e che mi hanno suggerito di prestare attenzione anche a casi minori, quei casi che, magari, non potevano essere argomento per una trasmissione nazionale, ma che messi insieme, in fila, potessero essere materiale per un libro. Per una volta ho voluto guardare l’altra faccia della giustizia, senza avere la pretesa di dire che quella e’ la giustizia. Ho voluto raccontare le storie di persone, cittadini qualunque e guradare l’altra faccia . Di che cosa sono state dopo l’errore giudiziario e di cosa sarebbero state senza quell’errore, ma soprattutto cosa potrebbero essere con i risarcimenti che, putroppo, non arrivano.

Dunque e’ stato il suo lavoro di giornalista di cronaca giudiziaria a consegnarle il materiale per questo libro.
Mi ha consegnato quei contatti, quelle segnalazioni, quelle storie necessarie a mettere insieme un libro. ‘Il Cortocircuito’, insomma. Non ho potuto raccontare tutti i casi. Tanti casi mi sono stati segnalati dopo la pubblicazione del libro. E, dunque, ci sarebbe materiale abbondante, per me, per un nuovo libro.

Vero e’ che non si puo’ trascurare il lavoro infaticabile di quei magistrati, sempre in prima fila nella difesa dei diritti di tutti i cittadini, comuni e non. Cosa ne pensa?

Sono assolutamente d’accordo. Infatti, non faccio altro che vedere magistrati che lavorano instancabilmente. Per dare giustizia e per cercare verita’. Dai magistrati di Taranto, che cercano di dare una soluzione al caso di Sarah Scazzi, ad altri ancora. Certo, ognuno puo’ pensarla come vuole. Sicuro e’ che il lavoro dei magistrati c’e’. Oppure, penso ai magistrati di Bergamo, sommersi dalle critiche, ma che stanno provando a dare una soluzione alla morte della piccola Yara e a capire chi l’ha uccisa. Ho scritto anche libri, nei quali ho dato atto al lavoro delle procure. Semplicemente, quello che faccio in questo libro e’ guardare anche l’altra faccia della giustizia. Perche’, considerando il danno che un errore puo’ recare alle vite di chi viene coinvolto, e’ giusto prestare molta attenzione a tutto.

C’e’ stata una partecipazione emotiva nelle storie raccontate? Qual e’ la vicenda che piu’ l’ha toccata da vicino?

La partecipazione emotiva e’ stata inevitabile. Anzi, credo che questo libro sia in parte tecnico, in parte molto emotivo. Perche’ descrive i personaggi, la loro vita, la loro abitazione, la loro dimensione. Mi ha colpito umanamente, ad esempio, la storia di Marcello Maganuco, un ragazzo che e’ stato arrestato ingiustamente per droga, il cui unico errore e’ stato quello di essere nato a Gela. Di aver conosciuto dei presunti trafficanti di droga e di essere finito, per sbaglio, in intercettazioni mal interpretate, per avere detto frasi che si sono prestate all’equivoco. Ogni frase che Marcello ha detto, e’ stata interpretata in senso accusatorio. Mai tenendo conto del principio costituzionale, in questo caso mai applicato, in dubio pro reo. Ora Marcello vive al nord, cerca di rifarsi una vita. Ma non e’ facile. Anche perche’ non ha avuto alcun risarcimento. Allora, ti accorgi che veramente qualcosa non funziona, ma nel sistema, non nel singolo.

Ilaria Cavo, a seguito di questo lavoro, crede ancora nella giustizia?

Assolutamente si. Anzi, proprio per il lavoro che faccio ci credo fermamente. Tutto, pero’, dipende dal tempo che ci impiega la giustizia ad arrivare. Anche le storie che racconto, sono storie di una giustizia che arriva. Sono storie di persone che, poi, sono state assolte in Cassazione. Il problema e’ che la giustizia arriva, molto spesso, fuori tempo massimo, quando ormai la vita e’ stata rovinata dai processi, dalle aule giudiziarie o dal carcere. Il problema non e’ se la giustizia arriva, il vero problema e’ farla arrivare il prima possibile. E su questo, secondo me, bisogna ancora lavorare.

Michele Traversa

Direttore responsabile e Editore di LSDmagazine. Esperto di turismo, spettacolo, gastronomia e tecnologia. Attento alle strategie social media e preparato all'interazione tra gli strumenti che questi offrono e la diffusione dei loro contenuti. Collabora con le principali riviste del settore turistico, italiane e straniere, autore di libri e documentari di viaggio e di mostre fotografiche.