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Si può sorridere, o meglio ridere dell’handicap? Una biografia utile oltre che divertente. Nella civiltà dell’immagine e del bello a tutti i costi sembra si debba parlare di handicap solo per pietismo. Michele Pacciano, tetraparetico sin dalla nascita, invece dimostra che con l’handicap si può anche scherzare. In poche battute il giornalista in carozzella rovescia il punto di vista e narra con piglio lieve, la storia di un duplice rapporto. Suo con l’ingombrante sé stesso – un carico che nemmeno i normodotati possono eludere – e di tutti gli altri con l’handicap. Questa in sintesi le dieci storie in agrodolce per vivere ed affrontare la disabilità, raccontate nel libro "A come amore, l’handicap raccontato a mia madre" del giornalista Michele Pacciano (Armando Editore, pp. 80, 10 euro).
Certo è il rampollo di una famiglia benestante che riesce a stendergli tutt’intorno una rete protettiva, ma la gentilezza quando non è autentica serve a poco. E qui i ricordi riaffiorano nitidi facendoci sorridere: chissà quante volte abbiamo proferito le stesse stupidità di fronte all’imbarazzo e al disagio provocato in noi da un corpo deforme. Quanta strada prima di riuscire a fare entrare nella normalità il rapporto con i disabili, compreso il diritto dei normodotati di mandarli a quel paese. Tra gli aneddoti spunta anche la fatidica domanda “perché proprio a me?” cui Pacciano dà una risposta pratica, né filosofica né sociologica. Forse l’unica che può consentirsi chi con la disabilità è costretto a convivere, soprattutto in prima persona. Ma l’handicap in questa biografia si trasforma in un mezzo per osservare gli altri e per osservare quel pezzo di mondo in bilico fra Puglia e Basilicata che è la Provincia di Taranto. Vi fanno capolino pediatri impotenti e stiliste d’antan, disabili gravissimi e fratelli sanissimi, formidabili figure di terapiste, comuniste con i boccoli ed una galleria di personaggi familiari su cui svetta positiva la figura dei genitori, i più colpiti dalla disabilità assieme al disabile stesso. Ed ancora amici che lo trasportano di peso in gita sull’Aspromonte e colleghi che lo cazziano per una debolezza di troppo.
Il rapporto con le donne, una delle barriere più forti da abbattere per i disabili, vissuto gioiosamente e goliardicamente anche di fronte alle domande più imbarazzanti. Memorabile lo scambio di battute con un famoso giornalista della Rai. Insomma Pacciano ci trascina nel suo mondo e ci costringe a vedere il mondo dalla carrozzella e da lì cominciamo a capire che qualsiasi tipo di guaio si può affrontare. Magari non con il suo coraggio e con il suo spirito ma con la nostra personale ricetta. Da trovare maledettamente ogni volta che la vita, per un motivo o l’altro ci spinge giù. Per rialzarsi e gridare ancora una volta “sono vivo”. Con le gambe o senza.
Con l’acquisto del libro contribuirete anche alla nascita di una cooperativa giornalistica che darà lavoro a 10 disabili.