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"nazismo"Continua il viaggio nel mondo dei Lager nazisti e gulag sovietici scritto da Julij Borissovič Margolin, filosofo, scrittore e giornalista ebreo di formazione linguistica russa assolutamente sconosciuto in Italia (prefazione a cura del prof. Augusto Fonseca responsabile della “Collana Slavica” della Zane editrice). 

La necessità di conoscere la verità sui campi nell’Urss viene subito etichettata dagli apologeti del sistema come propaganda antisovietica. Questo è un esempio di come si confondono le idee. Si possono, infatti, propagandare opinioni o programmi politici; ma la verità non si “propaganda”, la verità si diffonde. È vero che non si nega l’esistenza dei campi di concentramento in Unione Sovietica, ma le informazioni in merito sono insufficienti e le opinioni contrastanti. A dar retta a Molotov, i campi sovietici sono una splendida realtà! Se invece si ascolta chi in quei luoghi ha trascorso 5 anni, allora si tratta della piú grande vergogna dei nostri tempi. Occorre stabilire i fatti, raccogliere abbastanza materiale. A tal fine si dovrebbe inviare una commissione formata da persone degne di fiducia, scevre da qualsiasi pregiudizio e in grado di analizzare i fatti. Bisognerebbe lasciare la piú ampia libertà di accesso a questi fatti. Se ciò è “propaganda antisovietica”, perché allora l’Unione Sovietica ritiene “propaganda ostile” il desiderio di scoprire la verità sui campi di concentramento? Se la verità sui campi e l’interesse dell’Urss sono in contraddizione, è chiaro a chiunque che bisogna indagare sulla loro realtà. Noi, persone libere da qualsiasi fanatismo, vogliamo che la verità venga alla luce, anche se ciò contrasta con gli interessi del comunismo.

Fare, dunque, dei confronti tra i campi nazisti e quelli sovietici non solo è possibile, ma è anche necessario. Il confronto, infatti, è uno dei metodi della conoscenza. In un caso e nell’altro vi sono luoghi di reclusione, dove sono morti milioni di persone. Non si può ritenerli identici, ma si deve stabilire che cosa hanno in comune e che cosa, invece, li rende diversi.
In generale si può dire che i Lager tedeschi avevano scopi distruttivi, mentre i Gulag servono allo sfruttamento delle forze di lavoro. Queste sono differenze molto importanti, ma adesso bisogna fare due considerazioni.
La prima: non tutti i Lager tedeschi erano campi della morte. Alcuni di questi miravano a “rieducare” il popolo tedesco. I primi anni dopo lo sconquasso provocato da Hitler, per decine di migliaia di Tedeschi furono creati dei Lager, dove venivano rinchiusi per due o tre anni al fine di essere “rieducati”, nello stesso significato che ha oggi questa parola in ordine ai Gulag russi. Si trattava di un’educazione perfettamente analoga a quella che, solo a parole, costituisce lo scopo fondamentale dei campi di concentramento sovietici. Se si confronta il film sovietico sulla vita nei campi del Canale Baltico-Mar Bianco, che fu girato negli anni Trenta, con le fotografie e i reportage di quello stesso periodo pubblicati sui giornali tedeschi sul tema “I nemici di ieri divengono Tedeschi esemplari”, allora l’analogia risulta perfetta.
Seconda considerazione: l’eliminazione fisica degli avversari politici avviene in ogni campo sovietico, in cui le persone muoiono d’inedia e a causa delle bestiali condizioni di vita. La morte nei campi non può essere definita “naturale”. Cosí come non si possono definire “istituzioni rieducative” quei luoghi in cui le persone muoiono in massa. I dati sulla morte nei campi, se mai saranno pubblicati, forniranno la risposta alla questione circa la loro funzione educativa. Se in quei luoghi morissero soltanto migliaia di persone, sarebbe una barbara infamia. E se morissero centinaia di migliaia di persone, sarebbe un crimine gravissimo, che i Tedeschi hanno coperto con espressioni improntate alla “educazione per mezzo del lavoro”. Ma quando, come si può affermare con assoluta affidabilità, il numero delle vittime nei Gulag, a partire dalla loro creazione, si valuta in milioni, allora il paragone con i Lager della morte tedeschi assume un terribile significato. I modi e i tempi dello sterminio sono differenti, ma alla fine dei conti i risultati presentano una somiglianza che sgomenta: la morte di milioni di persone, la cui vita viene ritenuta incompatibile con l’esistenza del regime.
In base a queste due osservazioni si può affermare che i Lager tedeschi servivano a torturare a morte delle persone ad opera di gente sadica e spietata, mentre i Gulag sovietici costituivano, e fino ad oggi costituiscono, immense riserve di lavoro coatto rappresentate dagli schiavi di Stato. Nei campi sovietici non è auspicabile la loro morte, in quanto il lavoro è necessario allo Stato. La salute e la vita sono tutelate, fino a quando non si rifiuta il lavoro. Di norma non vengono uccisi. Ricevono quotidianamente il cibo. Il loro stato è di gran lunga migliore di quello dei prigionieri della Gestapo. Gli internati della Gestapo, in questo senso, non erano schiavi. La vita degli schiavi, infatti, rappresenta un valore economico e il padrone saggio lo difende sempre. I prigionieri della Gestapo possono essere paragonati ai prigionieri del Tamerlano, i quali sapevano che i loro teschi avrebbero formato montagne sulla strada del conquistatore. I prigionieri dei campi sovietici sono piuttosto paragonabili agli schiavi delle piantagioni dell’antica Roma oppure della Carolina del Sud. Per il padrone la vita degli schiavi è molto piú preziosa della loro morte, perciò si permette loro di continuare a vivere. Ma l’amministrazione degli schiavi non sempre può garantire quel minimo di assistenza da poterli paragonare alle persone libere. Per questo nell’Unione Sovietica loro vivono in campi recintati da filo spinato e muoiono come schiavi, privi degli elementari diritti di cittadino e di persona umana. (continua…)

Michele Traversa

Direttore responsabile e Editore di LSDmagazine. Esperto di turismo, spettacolo, gastronomia e tecnologia. Attento alle strategie social media e preparato all'interazione tra gli strumenti che questi offrono e la diffusione dei loro contenuti. Collabora con le principali riviste del settore turistico, italiane e straniere, autore di libri e documentari di viaggio e di mostre fotografiche.