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E’ morto a Bari l’italianista Arcangelo Leone de Castris. Aveva 81 anni. De Castris, ordinario di Letteratura italiana all’ Università di Bari, ha affiancato alla sua lunga carriera accademica quella di saggista. Tra i suoi lavori si ricordano: «L’ impegno del Manzoni» (Sansoni, 1963), «Egemonia e fascismo» (Il Mulino, 1981), «Estetica e politica. Croce e Gramsci» (Franco Angeli, 1989), «Storia di Pirandello» (Laterza, 1989), «La critica letteraria in Italia dal dopoguerra a oggi» (Laterza, 1991), «Sulle ceneri di Gramsci. Pasolini, i comunisti e il ‘ 68» (Datanews, 1997), «Gli ossi di Montale» (Manni, 2000), «Una fine sinistra» (Guida, 2001).
Abbiamo pensato di ricordarlo con la descrizione inedita dell’ultima sua pubblica apparizione avvenuta nel dicembre 2007 presso la Facoltà di Lingue dell’Università di Bari in un convegno cui prendevano tra l’altro parte Goffredo Fofi, Raffaele Cavalluzzi, Vitilio Masiello che nei suoi confronti hanno avuto un debito di riconoscenza umana oltre che scientifica.
"Sempre più spesso nelle pubbliche manifestazioni culturali di Cinema, Arte, Filosofia baresi rivediamo con piacere la figura mitica del prof. Arcangelo Leone De Castris. Il prof. De Castris, tra i più feroci avversori della filosofia crociana, delle sue categorie estetiche, dopo aver abbandonato per ragioni di salute la scena pubblica per alcuni anni è tornato a tuonare negli ultimi tempi ponendo ai suoi tanti allievi questioni basilari, che lasciano talvolta stupefatto l’interlocutore e le più giovani generazioni che non ne hanno mai sentito le memorabili lezioni, piene di racconti di fede e di passione, certezze dubbiose, aventi in sé il germe stesso dell’indagine, del logos.
Così capita che tal-uni scambino tal-volta Arcangelo Leone De Castris per un vecchio, pieno di cose dire, spesso affastellate e notizie da un’altra vita, da un’epoca che orami non esiste più. Ora quell’uomo ripiegato su un bastone, che nessuno aiuta più a scendere le scale, perché accademicamente niente più conta, e a cui nessuno porta più la borsa carica, perché più bagaglio non ha fuori da sé, sembra non essere stato mai tanto savio.
Ora è duro con la società che sempre più spesso si dimostra antipedagogica e in cui i maestri hanno abdicato per sempre dal loro ruolo. "Costoro non hanno niente da pervertire e niente da insegnare" avrebbe detto il Carmelo Bene. La loro funzione è ormai inutile, recepita e affidata, e non è solo un paradosso, ai tronisti di Maria De Filippi, quando va meglio alle berlusconate, quando alle grillate, alle benignate di chi con la coca in tasca tuona contro la droga, di chi con la democrazia in bocca si fa imperatore. Non più modelli e schieramenti democratici contrapposti ma Marc’Antonio contro Ottaviano, l’imperialismo di fatto, che trasforma il titolo di Augusto Imperatore in quello populista di arringator di folle, spesso senza i necessari strumenti di retorica, politica, civiltà.
Ora, davanti a queste usurpazioni, alle genuflessione reciproche d’accademia, intenta a scambiarsi con la stessa velocità profondi colpi di un muscolo linguale che blandisce e ferali colpi di coltello (sempre alla schiena, dove alta, dove bassa), ora che i cattedratici arrivano a declamare leggendoli come la Commedia Dantesca, i nauseabondi contenuti dei loro imbelli programmi didattici, davanti agli ospiti di fama internazionale per far vedere quanto sono bravi, Arcangelo Leone De Castris, ora combatte, forse pentito in cuor suo di aver innalzato agli onori della cattedra taluni di questi geniacci e sembra voler salvare le nuove generazioni da questi falsi maestri in grado di togliere la foga della passione a vantaggio del nozionismo cattivo e noioso, riducendo lo studio con impeto a dottrina stanca e volgare."