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A distanza di due anni dall’uscita dell’album “Synopsis” la capacità comunicativa ed il gusto musicale del chitarrista Antonio Tosques hanno raggiunto livelli indiscutibili. Chitarrista poliedrico, si è dedicato da subito al jazz e alle sonorità più ricercate. La sua carriera vanta collaborazioni con artisti del calibro di Bob Mover, Massimo Manzi, Paolino Dalla Porta, Robert Bonisolo, Kile Gregory, Ernst Reijzeger, Luciano Biondini, Daniele Scannapieco, Tom Kirkpatrick, Rachel Gould, Mia Cooper, Fabio Mariani, Pietro Jodice, Brian Horton.
Finalista e vincitore di diversi premi e riconoscimenti a livello nazionale ed internazionale, nel 2003 si aggiudica con l’Artjazz Quartet il prestigioso concorso internazionale del ”Barga Jazz”. Recentemente, è stato recensito dalla celebre rivista americana “Jazzreview” che ha lo definito “uno dei nuovi talenti a livello mondiale”. Svolge intensa attività concertistica sul territorio nazionale ed ha insegnato fino al 2008 presso l’Università della Musica di Roma. Attualmente, insegna presso la “Percento Scuola di Musica” di Roma e presso il conservatorio “U. Giordano” di Foggia.
Chitarrista jazz, compositore, didatta. Cosa ha influenzato maggiormente la sua crescita in questi anni?
Senza dubbio la grande passione che porto fin da piccolo. La musica mi ha permesso di abbracciare e conoscere stili diversi nel corso degli anni. Ho cominciato da subito ascoltando e suonando musica rock (da Jimmy Hendrix a Jimmy Page e Jeff Beck, per citarne alcuni); in seguito mi sono avvicinato al funk e alla New Wave anni ’80, la cui conoscenza e l’interesse mi hanno aperto anche le strade del pop. Mentre partecipavo ad alcune tournée con artisti nazionali, ho cominciato ad approfondire gli studi fusion e jazz. Ad ogni modo, credo che a prescindere dal genere che si prediliga, qualunque impulso possa dare e incentivare la crescita musicale. Poi, ad un certo punto, capisci quello che vuoi fare e si segue la propria strada.
Lei è un chitarrista raffinato e tecnicamente impeccabile. Nel corso degli anni, ha collaborato con diversi nomi del panorama jazzistico nazionale ed internazionale. A causa della commistione degli stili e delle moderne sperimentazioni, quanto è diventato importante (e difficoltoso) dover coniugare le proprie “esigenze stilistiche ed espressive” con le tendenze del momento?
Chitarristicamente parlando, credo che non ci sia nulla di nuovo se non a livello compositivo. I grandi del passato hanno lasciato un’impronta indelebile che ha influenzato e continua ad influenzare chiunque si approcci alla chitarra. Personalmente, sono sempre molto curioso; per cui cerco continuamente nuovi stimoli. Non mi convincono molto le sperimentazioni con l’elettronica perché a volte possono nascondere ed offuscare problemi e conoscenze sullo strumento. Ovviamente, se fatte in modo preciso e dagli specialisti del genere, possono risultare veri e propri capolavori.
Le sue influenze jazzistiche sono diverse. Da Wes Montgomery a Pat Martino, per citarne alcuni. La sua attenzione alle sonorità e al fraseggio sono davvero notevoli. E’ frutto di una scelta meditata?
Certamente, Montgomery e Martino rappresentano un punto di riferimento importante nella mia formazione. Ma non sono gli unici poiché la lista di grandi chitarristi è davvero lunga! Di sicuro, aggiungerei ai due nomi citati, Jim Hall…..Altro vero caposcuola! Per ciò che concerne il fraseggio, credo che si costruisca lentamente nel tempo, cercando sempre di andare a fondo nelle cose che si studiano. La cosa certa è che non si finisce mai di migliorarlo e di abbellirlo con la pratica.
Ultimamente, in Italia, il jazz riscuote maggiore consensi rispetto al passato. Pensa che sia solamente una “moda” o una tendenza ormai consolidata?
Un po’ tutto. Credo che oramai si possa parlare di una tendenza consolidata, soprattutto per quanto riguarda i musicisti stranieri. Per i tanti talenti italiani c’è ben poco, purtroppo…..Quali sono i suoi progetti artistici per questo 2010?
Spero di riuscire a tirar fuori qualche altro progetto. Ci sono due, tre cose in ballo. Continuerò, comunque, a svolgere la mia attività di insegnante nella mia scuola a Roma e all’interno dei corsi jazz del conservatorio di Foggia.
Se potesse dare un consiglio ai giovanissimi che si avvicinano alla musica e al jazz in particolare, cosa suggerirebbe?
Dare consigli in questo campo è sempre molto difficile. Quello che posso suggerire è di sentire veramente la musica dentro di se perché la vita del musicista non è sempre rose e fiori. Bisogna amare tantissimo questo lavoro. Se all’interno di ogni musicista non c’è una forte motivazione, difficilmente si riesce a sopravvivere.