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«Faremo il Festival della scienza fino al 2050». così il presidente, Manuela Arata, ha aperto un paio di giorni fa la settima edizione della kermesse scientifica alla presenza del sindaco Marta Vincenzi, delle autorità cittadine e di due scolaresche della città dell’Aquila, nella Sala del Maggior Consiglio a Palazzo Ducale.
«La crisi l’hanno sentita anche le istituzioni e i nostri sponsor – ha aggiunto Arata -, ma abbiamo voluto lo stesso dedicare questa edizione al futuro perchè ci sembrava importante parlarne».
La rassegna, che si chiude il primo novembre e si basa su cinque percorsi (natura, tecnologia, universo, materia e le idee) per «affrontare il futuro con più strumenti che non siano solo la tecnologia», come illustrato dal direttore del Festival, Vittorio Bo, è stata aperta nel pomeriggio dal Nobel Luc Montagnier e sarà chiusa dal Nobel Dario Fo.
Che il Festival sia ormai una manifestazione consolidata è stato rimarcato da molti. Arata ha parlato di «patrimonio importante per la città» e di «una sensibilità per la scienza che non esiste in altri luoghi». Il sindaco Vincenzi ha detto che «tra Festival e città c’è una relazione forte e intensa. Il Festival è un momento non secondario nella definizione dell’identità della nostra città che ha perso patrimonio industriale negli scorsi decenni ma non si rassegna. Genova può rappresentare un faro».
L’assessore regionale alla cultura Fabio Morchio ha aggiunto che «in questi giorni Genova dà il meglio di sè e diventa il segno in controtendenza della rinascita di una cultura che non può crescere se si tolgono fondi alla scuola e alla ricerca».
I presenti hanno quindi assistito alla conferenza col Nobel della medicina Luc Montagnier su Hiv ed altre epidemie e poi hanno visitato mostre e laboratori del Festival.
Tra le novità di quest’anno c’è una delegazione di scienziati egiziani, «è il segno della collaborazione tra il mondo scientifico italiano ed egiziano – ha detto Arata – e anche argomento di tanti incontri, dalla cucina del faraone alla biblioteca di Alessandria».