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In questo assolato pomeriggio quasi estivo, ha appeso le scarpette al chiodo uno degli ultimi "capitani" degni di questo nome. Paolo Maldini, anni… tanti, ha celebrato davanti ai suoi tifosi una carriera a dir poco sfolgorante, e sempre vissuta all’insegna della correttezza, una cosa rara a trovarsi in questi tempi che non temiamo a definire "di magnaccia e p…"! L’elegante terzino, che ha vestito un’unica ed una sola maglia, ha quindi voluto mettere fine alla sua lunga storia calcistica in questa penultima giornata di campionato aspettandosi magari un finale alla sua altezza ma ottenendo solo l’amara constatazione che la scelta di abbandonare, proprio ora, proprio in questo momento, è stata una delle migliori mai compiute.
Riguardo alla partita, o meglio, al suo risultato, ci esimiamo da commenti. Il Milan ha perso, la difesa non è stata impeccabile, ha preso 3 goals. A dire il vero in tutta la stagione la difesa non è stata sempre perfetta. Detto ciò, Paolo Maldini né oggi, né per tutta la stagione, era chiamato a dare dimostrazioni della sua grandezza, indiscussa ed irripetibile. Eppure, mentre il capitano faceva il suo meritato giro d’onore e di commiato, uno striscione è spuntato dalla curva, uno striscione inneggiante a Franco Baresi (chapeau, in ogni caso) definito, in evidente polemica con Maldini, "l’unico capitano".
La cosa, di palese cattivo gusto, testimonia soprattutto dell’incapacità ormai conclamata del tifoso di accettare la sconfitta, e con esso il senso stesso della sportività. Il tifoso vuole e pretende la vittoria, ad ogni costo, sempre! E dunque non ci si può meravigliare che queste cose accadano, come accadano le contestazioni molto più violente, gli scontri, e i vari atti criminali di cui i nostri "fedelissimi" ultras si macchiano di anno in anno. Certo qualcuno, sempre pronto del resto, obietterà che non bisogna tener conto di queste minoranze, che bisogna salvare la parte buona del calcio, i tifosi sani. Ma la realtà è ben diversa e basta andare allo stadio e ascoltare i commenti dei ben pensanti e ben paganti dei distinti per accorgersi come l’assurda, ossessiva fame di vittoria conduca anche i "gentili" in doppio petto ai più terribili impropreri contro l’arbitro e l’avversario, basta ascoltare i cori delle curve dei quali ben due su tre (in media) piuttosto che incoraggiare i propri beniamini sono rivolti agli avversari più acerrimi per denigrarli. E non si tratta soltanto di un colorito fenomeno di costume, o di una delle tante espressioni dell’ italianissimo e mascalzonesco italian’s style, di cui i film di Vanzina e Perenti vogliono a tutti costi vestirci. E se proprio lo stadio non è uno dei posti migliori dove condurre un’analisi obiettiva, provate a pensare a cosa accade nelle "amichevoli" partite di calcetto del venerdì sera, provate a ricordare con qual agonismo vi entra a gamba tesa il ragioniere del 5° piano!
La cultura del vincere ha tutti i costi, che poi non è altro che una versione sportiva della cultura del "guadagno a tutti costi", benché madre della crisi di valori e della crisi economica di cui tanto parliamo come fosse una calamità naturale e non un effetto dei nostri comportamenti economici e sociali, rimane tuttora dominante e i media continuano ad esserne i grandi sacerdoti. Non mancheranno dunque stasera i commenti dispregiativi verso la piccola minoranza di incivili salvando la stragrande maggioranza dei tifosi civili (che a me pare un ossimoro), ma non mancherà nemmeno il giornalista che farà un dramma delle mancaze di questo o quel allenatore, di questo o quell’arbitro, paragonando una retrocessione alla peggiore delle disgrazie. Ad onor del vero, parlando di retrocessione in B, non possiamo certo ignorare che in effetti dall’anno prossimo, grazie alla incontenibile fame degli alti dirigenti del nostro calcio, non essere nella serie maggiore è una specie disgrazia, vista la sproporzione economica tra le due categorie. E qui ci imbattiamo nella vera causa scatenante del fenomeno in analisi: il bussiness e le influenze distorsive degli enormi guadagni che orbitano attorno a questa sfera di cuoio così gonfiata da essere ad un solo soffio da una clamorosa esplosione.
Naturalmente non contestiamo la libertà di esprimere il dissenso da parte di una minoranza, né siamo quì a definirli "soliti cretini" o con gli altri epiteti che altri commentatori gli attribuiranno; tuttavia fa specie che esista qualcuno che per una stagione non perfetta contesti l’eccezionalità di una carriera non solo vincente, ma soprattutto connotata da qualità morali rare, benché anche in questo senso non è molto ragionevole esagerare. Dunque contestiamo il fenomeno e non i signoli, perché semplicemente quei singoli non sono molto diversi da noi e chissà che la nostra disperante ricerca di una, benché piccola, vittoria non conduca un giorno anche noi verso il cattivo gusto.