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 "glaciazioni"
E fu la luce, quella del fuoco! Nella scorsa puntata abbiamo appunto visto come un nostro antenato avventuroso, un ominide di 500 mila anni fa, scoprisse come si potesse "contrarre", appoggiandoci un bastone sopra, il contagio (appunto) del fuoco. Prima di quella fatidica scoperta erano comparsi molti ominidi interessanti, ormai saldamente appartenenti al genere homo, eccetto uno che oscilla ancora nell’indeterminatezza, per cui potrebbe in realtà trattarsi dell’ultima evoluzione certa del genere australopitecus, il più intelligente, probabilmente, di sicuro il più abile. Da cui il suo nome, Homo abilis. Questi fu difatti abile a costruire strumenti in pietra e dunque far compiere alla sua specie e al nostro cammino il balzo decisivo stimolando i suoi successori a migrare (Homo ergaster), organizzarsi in maniera sempre più specializzata (Homo erectus), affermare il suo primo dominio sulla natura.
Ma torniamo al fuoco, questa straordinaria e rivoluzionaria scoperta che "illuminò" le menti e le abitudini dei nostri avi!
E D’IMPROVVISO SI FECE LUCE
Dopo le 22,16… Ghermendo tizzoni accesi, trasportando flebili o forti fiamme in modo improvvisato, l’uomo diffuse nei suoi accampamenti il contagio del fuoco (non nel senso che diede fuoco ad essi). Ciò che stupisce è che ciò avvenne praticamente in tutti gli insediamenti ominidi e praticamente nello stesso tempo, appunto attorno a 500 mila anni fa.
Gruppi di ominidi si scorgono a sera attorno al focolare, non hanno più paura del buio, mangiano meglio e si sa, quando si mangia bene la convivialità stimola la comunicazione, il desiderio di raccontarsi storie, opinioni, emozioni. E’ in questo modo che si sviluppa il linguaggio e con il linguaggio il modo di chiamare le cose, definire i fenomeni, esternare i grossi malloppi che in ogni tempo i nostri simili si son portati dentro. Grazie al fuoco e alle comunioni del fuoco, cultura e cervello si pungolano a vicenda, così come individuo e comunità. Prova dopo prova (e presumibilmente incendio dopo incendio) l’uomo scopre come accendere il fuoco senza più trasportare pericolosi tizzoni, come cuocere la carne, migliorare gli strumenti da caccia rendendo più dura la punta della sua lancia, ma soprattutto proteggersi dai più grandi predatori e, anzi, cacciarli. Sono passati molti e molti anni da quel dì in cui gli Orrorin erano pasto prediletto dei felini a denti a sciabola, tempo ce n’è voluto ma ora l’ominide possiede i rudimenti per l’utilizzo di quell’arma micidiale che lo porrà al di sopra di ogni animale, la sua mente.
C’è un’altra cosa da dire sulla scoperta del fuoco: fu incredibilmente provvidenziale.
LE ERE GLACIALI
… ore 22,20: una  nuova glaciazione! Vediamo un pò di capire come funzionano queste benedette glaciazioni. La terra compie intorno al sole un’orbita ellittica, ovvero un orbita che disegna una specie di circonferenza schiacciata in due punti (poli) verso il centro, questo schiacciamento aumenta progressivamente fino a raggiungere un massimo per poi tornare a diminuire fino a tornare alla forma originaria: questo ciclo (da minimo a massimo e da massimo a minimo) dura 100 mila anni; anche la rotazione della terra non è perfettamente regolare ma leggermente ondeggiante, il suo asse di rotazione quindi si muove come quello di una trottola, ovvero allargandosi progressivamente rispetto ad un ipotetico asse fisso, questo allargamento giunge fino ad un massimo per poi tornare al minimo: questo ciclo (detto di "precessione degli equinozi") dura 23 mila anni, mentre l’inclinazione progressiva dell’asse stesso aumenta e diminuisce in un ciclo di 40 mila anni. Tutto ciò produce il risultato di variare la quantità e l’inclinazione dei raggi solari che arrivano sulla terra, determinando così l’avanzamento o l’arretramento dei ghiacci del polo. Ogni 100 mila anni la terra passa dunque una lunga era glaciale, e attraverso una serie di sconvolgimenti tali da produrre l’estinzione di molte specie animali, nonché la variazione del livello del mare con conseguente inabissamento o emersione di tratti di costa, intere isole, porzioni di continente. In corrispondenza all’avanzamento dei ghiacci, come abbiamo visto, diminuisce l’umidità dell’aria con corrispondente inaridimento delle zone non sottoposte al clima glaciale. Tutt’altra sfida attende l’Europa, adesso abitata dagli ominidi, ove le temperature basse costringono a grandi migrazioni e a drastiche evoluzioni.
"Atapuerca" Una panoramica ampia di questo percorso ci viene offerta dal sito di Atapuerca in Spagna, ovvero un complesso di grotte sotterranee createsi su un terreno calcareo, grotte usate dai nostri avi per ben 300 mila anni. Dai ritrovamenti effettuati negli ultimi decenni si è potuto ricostruire il progressivo adattamento dell’homo alle mutevoli condizioni climatiche da un disgelo ad un altro, da una fino a giungere al periodo immediatamente precedente all’ultima glaciazione. Quello che si evince è che l’uomo ha continuato a sviluppare la sua massa celebrare (fino a 1500 centimetri cubici), ma per lungo mostrando una nuca prominente ed una fronte sempre più schiacciata, i lineamenti del viso si sono fatti sempre più pronunciati attorno ad un naso sempre più "importante". Un ottimo rappresentante di questa lenta evoluzione è l’Uomo di Saccopastore (zona di Roma) vissuto 120 mila anni fa, il quale mostra come gli europei si stessero evolvendo verso quello che sarà il dominatore  dei ghiacci europei, l’uomo di Neanderthal.
IL DOMINIO DEI NEANDERTHAL
Ore 23,51; ultima glaciazione. Il bianco è il colore che distingue, estate ed inverno, i panorami di questa Europa arcaica. Il vento soffia gelido e la vegetazione è rada per molte miglia, salvo alcune aree dove dominano boschi di conifere. Una renna scappa dalla radura verso il folto del bosco, ad inseguirlo un curioso ometto, tozzo e rude che brandisce un bastone minaccioso e protervo. La renna è più veloce e sembra facile per lei potersi sottrarre a quell’inseguimento, ma nel bosco l’attende una terribile trappola. Appostati, altri ometti inducono la renna sempre più dentro il bosco attraverso una piccola stradina formatasi naturalmente. Giunta ad un punto preciso, da un cespuglio viene fuori un’altro di questi uomini curiosi che con una poderosa spallata la fa precipitare dentro un dirupo. La trappola ha funzionato, il gruppo di Neanderthal può ora recuperare la preda e portarla all’accampamento, ove gli altri attendono per il bramato pasto.
E’ un tipo manesco il nostro cugino evolutivo, e non ha molta dimestichezza con le lance, se non per difesa. Il suo volto in questo lo definisce perfettamente: non ha fronte, mentre le arcate sopraccigliari e gli zigomi sono molto accentuati, inoltre possiede un naso enorme, frutto forse dell’esasperata architettura del suo volto, o forse perché possa così incamerare aria gelida, trattenerla quindi inumidirla, senza che ogni respiro pregiudichi la sua temperatura corporea. Un altro aspetto che colpisce è la sua dentatura: grossi denti devastati da un continuo uso che ci fa comprendere come i Neanderthal ne facciano il loro principale strumento, soprattutto per conciare le pelli. Quest’indizio, unito alla loro "corporale" tecnica di caccia, ci ha fatto pensare che i Neanderthal fossero molto stupidi, ma non è affatto così. Come dimostra la mole del loro cervello (attorno a 1500 cc, dimensioni comparabili a quelle del sapiens) si può supporre che questo fosse molto sviluppato e probabilmente ciò che a noi appare stupidità o arretratezza (visto che già da tempo gli ominidi si servivano di strumenti che favorissero, ad esempio, la caccia a distanza) sia dovuto piuttosto ad una scelta di tipo "culturale", ma su questo torneremo più avanti.
"Neanderthal" Sul suo aspetto abbiamo da aggiungere un’altra cosa. La sua pelle, in Europa, è bianca, ma recenti scoperte hanno posto all’attenzione altre stirpi di Neanderthal, abitanti nell’Asia minore, dalla pelle olivastra, proprio così come è per i nostri simili. Questo per dire che il colore della pelle è solo il risultato di un adattamento e non l’indizio di una inferiorità, biologica. Dunque il Neanderthal europeo ha la pelle chiara per poter assorbire la maggior quantità di raggi solari essendo questi decisamente obliqui a nord, mentre l’ominide dell’Asia minore ha un colore più bruno e, in barba ai razzisti, nero è certamente il nuovo ominide che, provenendo dall’Africa, sta per comparire dinnanzi ai Neanderthal, l’Homo sapiens, ovvero noi.
Facciamo un passo indietro.
LA RIVOLUZIONE CULTURALE DELL’HOMO SAPIENS
Ore 23,38, Africa. Dall’evoluzione dell’ergaster rimasto in Africa (o secondo alcuni dal ritorno dell’ergaster nel continente) è nato un nuovo ominide, l’homo sapiens. Rispetto ai suoi antecessori non sembra aver spiccato un grosso passo in avanti, egli difatti non produce ancora quegli oggetti e quelle rappresentazioni che lo distingueranno nettamente, e, benché il suo cervello sia del tutto identico al nostro, non sembra meritare  troppo l’appellativo di sapiens. Tuttavia sta per accadere qualcosa che cambierà, un’altra volta, le carte in tavola. Su questo qualcosa varie sono le ipotesi, la più accreditata parla dell’eruzione di un vulcano gigantesco dall’altra parte del mondo che, attorno a 100 mila anni fa, avrebbe sconvolto il clima africano. Di certo sono in pochissimi i gruppi sopravvissuti a questo cataclisma (in totale non più di 100 mila esemplari) e il motivo della loro sopravvivenza risiede nel fatto che costoro elaborano un sistema di vita vincente e dunque una vera e propria rivoluzione culturale. Essi sopravvivono anzitutto perché scambiarono informazioni: in un luogo pieno di insidie, disastri naturali a catena, scarsità di cibo, probabile contaminazione delle acque, sono costretti a muoversi in piccoli gruppetti da un luogo sicuro ad un altro, grazie alle informazioni provenienti dagli altri gruppi che incontrano o dalla decifrazione di simboli lasciati nei rifugi; imparano a sfruttare al massimo le risorse residue: cacciano animali più grossi (una sorta di allenamento in previsione dei futuri scontri con i Mammut) tenendosi da essi a dovuta distanza, conservano e trasportano il cibo per le lunghe marce a cui sono costretti, costruiscono quindi oggetti che servono proprio alla conservazione e trasporto; e nelle sere attorno al fuoco elaborano una spiegazione convincente al loro essere al mondo, come piccoli naufraghi sopravvissuti ad ogni intemperie, sottoposti ai capricci degli spiriti della natura, ma anche come esseri capace di uscire da ogni sfida vincitori. Così si presentano in Europa e nelle altre parti del mondo, alla fine di altri intrepidi e lunghi viaggi. Se  questa rivoluzione verso una cultura più adattata a fornire le risposte cercate, non fosse avvenuta, tra il sapiens e gli altri ominidi non vi sarebbe stato quello scarto nella capacità di adattamento tale da determinare la conquista del mondo da parte del primo e la definitiva estinzione degli altri.
L’ULTIMO INCONTRO
Ore 23,52. Possiamo ben dire dunque che quello tra sapiens e Neanderthal sia stato l’ultimo e definitivo incontro tra due ominidi di specie diversa, o almeno l’ultimo di cui abbiamo prove certe. Come detto, l’uomo nero (sapiens) si presentò a suo cugino bianco con un bagaglio culturale decisamente più adatto ad affrontare la prossima sfida, ovvero il disgelo.
  Con il disgelo il livello dei mari si alza, molte delle terre una volta più miti, perché vicini alla costa, e quindi più ricche di selvaggina, vengono sommerse così come molti dei rifugi che ospitano i Neanderthal. Questi ultimi languono ormai sfiniti alla ricerca di cibo che, nonostante l’arretramento dei ghiacci, per loro diveniva sempre minore. E’ la presenza dell’uomo la causa di ciò. Il sapiens sa come sfruttare ogni centimetro di territorio per la raccolta e come cacciare più efficacemente ogni preda. Al Neanderthal ben poco rimane da fare, se non osservare, prudentemente e da lontano, le pratiche di quegli esseri che sembrano provenire da chissà quale lontano pianeta: pitturati con strani colori, dotati di oggetti e strumenti incomprensibili, intenti a riti indecifrabili, specializzati e tanto umani. La sua cultura non può spiegare, né è in grado di imitare quelle pratiche, egli si è sviluppato in un clima così austero da cui è risultata un’interpretazione del mondo spicciola e prettamente pratica, un interpretazione che adesso non sa dare risposte.
E’ così, pian piano scomare anche il nostro caro cugino tozzo e simpatico, come molti altri ominidi sulla terra dalla comparsa del sapiens. Per il Neanderthal, osservare l’uomo è  perciò l’ultimo sguardo verso un mondo ora più che vai rivestito delle vestigia del futuro. E’ così che l’uomo moderno ha imposto il suo dominio sul pianeta, non sterminando gli altri ominidi perché ritenuti inferiori: ci piace pensare che la smania di uccidere i suoi simili sia emersa più tardi, ci piace pensare a questo nostro primo sapiens come ad un essere che stia cercando la sua via per la sopravvivenza e non come a un barbaro invasore.  Certo non saranno mancati scontri fisici, così come non saranno mancati "incontri", fisici. Anzi, è quasi certo che non siano stati rari nemmeno gli accoppiamenti tra di loro, ma essendo specie diverse (come il cavallo e l’asino) non hanno potuto produrre che ibridi sterili."descent Perciò, che non vi venga in mente di tacciare un vostro conoscente di essere un diretto dei Neanderthal (per i suoi modi poco urbani o per la sua somiglianza con le ricostruzioni fatte degli antropologi), egli è un vostro simile, un sapiens come voi!. I Neanderthal si sono estinti, e se proprio qualcuno dovesse essere sopravvissuto di certo non è alla luce del sole ma magari è rifugiato nel ventre della terra, tramutato in un orribile essere, in attesa del momento propizio per consumare la sua vendetta sugli uomini. Naturalmente quest’ultima affermazione è solo fantasia, un bel soggetto da spedire ai nostri produttori televisivi perché una volta tanto trasmettano qualcosa di più interessante delle solite fiction.

continua…

Michele Traversa

Direttore responsabile e Editore di LSDmagazine. Esperto di turismo, spettacolo, gastronomia e tecnologia. Attento alle strategie social media e preparato all'interazione tra gli strumenti che questi offrono e la diffusione dei loro contenuti. Collabora con le principali riviste del settore turistico, italiane e straniere, autore di libri e documentari di viaggio e di mostre fotografiche.