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I suoi detrattori più gentili lo definivano un politico di bell’aspetto, ma senza sostanza; i più critici lo considerano il volto che nasconde la mano dei militari. Di certo, gli ultimi quattro giorni hanno consentito ad Abhisit Vejjajiva di spazzare i dubbi sulla sua leadership.
Ponendo fine alla protesta delle «camicie rosse» in tempo breve e senza spargere sangue, il giovane primo ministro, 44 anni, ha superato il primo vero esame da quando è alla guida della Thailandia.
Abhisit è al potere dallo scorso dicembre grazie a una sentenza della Corte costituzionale e a un ribaltone parlamentare: è per questo che l’opposizione lo ritiene un usurpatore. Lui ha sempre insistito sulla necessità di sanare le divisioni del Paese, ma al contempo ha condonato gli eccessi delle «camicie gialle» monarchiche che occuparono gli aeroporti di Bangkok.
Almeno, gli si riconosceva la pacatezza: l’umiliazione di dover cancellare il vertice asiatico di Pattaya, sabato scorso, gli ha fatto però cambiare atteggiamento. Il premier ha dichiarato lo stato di emergenza e definito «nemici della nazione» i dimostranti che cantavano vittoria. Mescolando fermezza e buon senso, ha poi dimostrato di non essere un burattino dei militari, ma di saperli comandare.
La competenza dell’economista Abhisit, formatosi a Eton e Oxford, non è in discussione. Figlio di una coppia di medici emigrata in Inghilterra, perfettamente bilingue, il leader dei Democratici parla magistralmente. Ma l’aria aristocratica che affascina la classe medio-alta di Bangkok gli ha sempre impedito di entrare nei cuori della gente comune, la stessa che ama il «self-made man» Thaksin Shinawatra.
Facendo proprie le politiche dell’ex premier a favore dei più poveri, Abhisit sperava di sottrargli consensi. Ma in caso di elezioni, le popolose campagne che votano in massa Thaksin continuerebbero probabilmente a farlo, condannando i Democratici alla quarta sconfitta consecutiva. Ora la sfida, per il leader scopertosi capace di mostrare i denti, è di creare una vera base popolare per il suo partito.