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Un uomo si risveglia dopo un lungo sonno. Crede che siano passate poche ore, ma in realtà sono trascorsi 84 anni: siamo nel febbraio del 2092 e lui è in vacanza su Marte. Si chiama Nemo Nobody ed è il protagonista della storia che il regista belga Jaco van Dormael, quello del folgorante esordio con Toto le hero, ha raccontato nel suo ultimo film, Mr Nobody appunto, in corsa per il prossimo festival di Cannes dove la sua seconda pellicola, L’ottavo giorno, fu premiata nel ’96 per i due protagonisti, Pascal Duquenne (un ragazzo down) e Daniel Auteuil.
Nel 2008, quando si era addormentato, Nobody aveva 36 anni, era felicemente sposato e aveva tre figli. Quando si sveglia è un vecchio di 120 anni e sta per morire: è l’unico mortale di un’umanità nuova dove non muore più nessuno. Non è preoccupato per la sua morte, ma per la sua vita passata. La sola domanda che lo assilla è se ha vissuto la vita giusta, se ha amato la donna che doveva amare, se ha avuto i figli di cui doveva essere padre. E, con un meccanismo alla Sliding Doors, Nemo Nobody comincia a immaginare, sognare, vivere tutte le vite che avrebbe potuto avere se le sue scelte fossero state diverse. A partire da quando, ancora bambino, sul marciapiede di una stazione fu costretto a scegliere se correre verso le braccia protese di sua madre che lo avrebbe portato in Canada o verso quelle di suo padre che lo avrebbe portato in Inghilterra.
Van Dormael ha cominciato a pensare a questo film nel 2001 ed è sicuramente il progetto più ambizioso di tutto il cinema belga. Girato in inglese tra Belgio, Germania e Canada ha richiesto 120 giorni di riprese ed un budget di 37 milioni di Euro. Sarah Polley è stata la prima persona ad entrare nel cast, nella parte di una delle moglie di Nobody, ruolo affidato a Jared Leto, mentre le altre mogli del protagonista sono Diane Kruger e Linh Dan Phan
Il regista definisce il film «la storia di un uomo che ha più vite contemporaneamente, che vive tutte le vite possibili», ma anche «la storia di un vecchio, dell’ultimo mortale sulla terra che cerca di sapere chi sia veramente. E si ricorda di tanti passati». Il film è infine «la storia di un bambino i cui genitori si separano ed ha due vite: una con suo padre e una con sua madre. Due vite parallele, come se fossero assolutamente indipendenti. E poi incontra o forse non incontra una donna, e trascorre o non trascorre la vita con lei. È una costruzione – spiega – che si ramifica a partire dall’infanzia, e poi dall’adolescenza. È come se ad ogni biforcazione, ad ogni scelta, caso o circostanza, le possibilità si moltiplicassero e fosse possibile viverle tutte per poterle paragonare».
«Crediamo – riflette van Dormael – di avere il controllo delle nostre vite facendo delle scelte, ma il numero dei parametri che entrano nel conto è enorme. Perchè facciamo una certa scelta? Conosciamo la ragione dell’impulso che ci fa operare una scelta? La facciamo liberamente?».