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Il 7 aprile Francis Coppola, emigrato italiano in America di prima generazione, grande produttore di vini ma ancor prima maestro indiscusso del cinema a stelle e strisce, compie 70 anni. Già da tempo si è ritagliato l’immagine di padre nobile della settima arte e di nonno sapiente di intere generazioni di giovani cineasti, a cominciare dalla figlia Sofia che è ormai in grado di rivaleggiare con lui.
Della sua infanzia ha raccontato, tra storia e leggenda, come, chiuso in sanatorio per fragilità polmonare, avesse imparato a giocare con le marionette mettendo in scena un mondo tutto suo di cui era regista e demiurgo. Della sua adolescenza si sa che sotto pseudonimo cominciò nel cinema di serie B, con piccole produzioni indipendenti che frequentavano i generi del terrore e del giallo fino a quel 1972, in cui fu artefice del Padrino che trionfò all’Oscar e fece di lui subito una star internazionale. Per farsi strada a Hollywood, come ogni vero immigrato, aveva scelto il cognome aggiuntivo Ford, prima di Coppola, rendendo omaggio a uno dei più grandi registi americani (John) ma anche al più geniale costruttore di automobili della sua generazione (Henry).
Con la notorietà scelse di firmarsi soltanto col cognome del padre (musicista romantico, appassionato del bel canto italiano) ma lo spirito da pioniere del cognome Ford gli è rimasto sempre attaccato addosso. Da sceneggiatore ha vinto l’Oscar nel 1971 per Patton, generale d’acciaio e ha firmato copioni famosi da Parigi brucia a Il grande Gatsby. Da autore indipendente, quasi sempre produttore di se stesso, vezzeggiato dagli studios ma insofferente alle loro regole, Coppola ha battuto molti record: con il Padrino II (1974) è entrato nel ristretto club dei grandi di Hollywood premiati in contemporanea con tre Oscar (miglior film, migliore regia e sceneggiatura); con la sua sterminata famiglia patriarcale ha portato al cinema ben 13 fra genitori, figli, nipoti; per 12 volte i suoi attori hanno vinto l’Oscar; la sua saga del Padrino (tre episodi completati e un quarto abbandonato dopo la morte del sodale ed ispiratore Mario Puzo) è fra le più longeve di Hollywood.
Fino a tutti gli anni ’80 ogni suo film è stato un evento da La Conversazione (’74), uno dei migliori polizieschi di sempre ma anche un film anticipatore sulla paranoia da tecnologia e intercettazione, a Tucker (’88), da Peggy Sue si è sposata (1986) a L’uomo della pioggia (1997).
Ma più di tutti è diventata leggenda la gestazione e lavorazione di Apocalypse Now (1979), durata tre anni, coronata da una Palma d’Oro a Cannes molto discussa, da un trionfo duraturo fino alla versione Redux riportata a Cannes vent’anni dopo e film capace di segnare intere generazioni. «Non è un film sulla guerra del Vietnam – ha detto Coppola – è il Vietnam». Nel 2007, scortato dai suoi familiari, ha portato al Festival di Roma il suo ultimo lavoro, Un’altra giovinezza, ricordando la magica notte del 10 settembre 1981 in cui sullo sfondo del Colosseo presentò il Napoleon di Abel Gance con le musiche di Carmine Coppola in piedi sul podio. Adesso lavora alla coproduzione sudamericana Tetro che vuole distribuire direttamente su Internet ma non dispera, un giorno, di tornare al suo progetto più ambizioso, la saga fantascientifica Megalopolis.