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Ieri, 16 febbraio 2009, il protocollo di Kyoto ha compiuto quattro anni. Gli attivisti di Greenpeace di Bari hanno festeggiato l’evento srotolando chilometri di nastri segnaletici con la scritta "No carbone – livello del mare al 2040", nel centrale quartiere murattiano, dinnanzi al Teatro Petruzzelli, nella città vecchia, nei pressi del Lungomare e dell’Ateneo. I nastri mostrano come aumenterà il livello dei mari se i Governi di tutto il mondo non adotteranno misure stringenti a difesa del clima.
"Il 2009 è un anno cruciale per il futuro del Pianeta – avverte Lorenzo Schiraldi, coordinatore del gruppo di Bari – entro la fine dell’anno si dovrà trovare un accordo per la seconda fase del Protocollo di Kyoto e definire nuovi impegni di riduzione delle emissioni al 2020 e al 2050. Un fallimento lancerà il Pianeta verso una crisi climatica irreversibile ben più grave dell’attuale crisi finanziaria".
La scienza è molto chiara su cosa occorre fare: nei Paesi industrializzati le emissioni di gas serra devono essere ridotte di almeno il 30% al 2020 e di almeno l’80% al 2050. Recenti evidenze mostrano anche che limitare l’aumento della temperatura terrestre a due gradi centigradi potrebbe non bastare a evitare effetti catastrofici come la scomparsa di interi arcipelaghi nel Pacifico. Stabilizzare al più presto, entro il 2015, le emissioni di gas serra mondiali è dunque un imperativo.
"Diversi Paesi nel mondo, come gli Stati Uniti, hanno capito la gravità della situazione e sono pronti a fare della crisi climatica un volano di sviluppo sostenibile per uscire dalla crisi economica. Al contrario – spiega Francesco Tedesco, responsabile della Campagna Energia e Clima di Greenpeace – il Governo Berlusconi propone in Italia una politica di ritorno al nucleare e al carbone che si addice più alla Russia anni ’50, che non all’Europa dei giorni nostri".
Se la politica del Governo sul clima è stata fino ad oggi fallimentare, Greenpeace non intravede alcun segno di svolta per il futuro. Mentre in USA il Senato ha recentemente tagliato 50 miliardi di dollari per il nucleare e per il carbone, il Ministero dell’Ambiente italiano dà il via libero a nuove centrali a carbone, il combustibile con le più alte emissioni di gas serra, su cui l’Italia è già inadempiente.