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«Nella vita sono da sempre esistite due tipologie di personalità differenti. Nella prima categoria si potevano contraddistinguere i classici conigli, quelli che avrebbero venduto anche l’anima pur di non avere disturbi e fastidi. Per tale genere di persone non era mai stato importante lottare per la difesa dei propri diritti, piuttosto si sarebbero fatti distruggere ma l’idea di reagire non avrebbero proprio voluto considerarla. Questo era ciò che succedeva da una parte, dall’altra invece andava decisamente meglio. In quel gruppo s’era appunto fatta largo la presenza dei guerrieri, figure stabili e resistenti disposte a soffrire pur di essere libere, era là che si trovava Xavon»: Alan Paccagnella presenta il romanzo a tinte distopiche “Xavon. Il ragazzo non vaccinato. Esistenza stravolta”, in cui racconta l’esperienza di un uomo con la pandemia di Covid19, culminata con la scelta di non vaccinarsi. Per quanto riguarda la decisione di chiamare il protagonista con il nome Xavon, è palese che ci si trovi in una di quelle situazioni in cui vale il detto “nomen omen”: se lo si legge al contrario, infatti, esso rivela la radicale scelta dell’uomo. Nell’opera ricorrono spesso dei termini al contrario: succede con le sigle dei vari vaccini proposti dalle case farmaceutiche durante la pandemia, o con quegli organi di informazione o con i social network che hanno veicolato ossessivamente notizie sulle vittime del virus, e che hanno generato, secondo il parere del protagonista, molto panico ingiustificato e false credenze. Xavon ce l’ha soprattutto con il governo, per lui colpevole di aver manipolato le coscienze dei cittadini: «Nonostante avessero raccontato bugie palesemente smentite, erano stati in grado di indurre la maggior parte del popolo a consegnare il proprio corpo e ad accettare l’esperimento. Come se non bastasse, li avevano costretti a firmare un documento in cui il cittadino avrebbe dichiarato l’assunzione di qualsivoglia tipo di responsabilità, una sigla che sarebbe valsa anche nel caso in cui il vaccino avesse portato un danno a distanza di anni». Alan Paccagnella consegna al suo protagonista, e all’avventura che lo vedrà investigatore per smascherare un complotto di grandi proporzioni, il compito di trasmettere il suo messaggio di dissenso; nel suo romanzo, che vira poi verso prospettive più immaginifiche, afferma opinioni forti e in certi casi controverse e discutibili. È bene quindi avvicinarsi a quest’opera solo se si è pronti ad aprire la mente e a non avere pregiudizi, per accogliere e, se si ritiene necessario confutare, idee probabilmente molto diverse dalle proprie.

Redazione

Lsd sta per Last smart day, ovvero ultimo giorno intelligente, ultima speranza di una fuga da una cultura ormai completamente omologata, massificata, banalizzata. Il riferimento all'acido lisergico del nostro padre spirituale, Albert Hofmann, non è casuale, anzi tutto parte di lì perché LSDmagazine si propone come cura culturale per menti deviate dalla televisione e dalla pubblicità. Nel concreto il quotidiano diretto da Michele Traversa si offre anzitutto come enorme contenitore dell'espressività di chiunque voglia far sentire la propria opinione o menzionare fatti e notizie al di fuori dei canonici mezzi di comunicazione. Lsd pone la sua attenzione su ciò che solletica l'interesse dei suoi scrittori, indipendente dal fatto che quanto scritto sia popolare o meno, perciò riflette un sentire libero e sincero, assolutamente non vincolato e mosso dalla sola curiosità (o passione) dei suoi collaboratori. In conseguenza di ciò, hanno spazio molteplici interviste condotte a personaggi di sicuro spessore ma che non trovano spazio nei salotti televisivi, recensioni di gruppi musicali, dischi e libri non riconosciuti come best sellers, cronache e resoconti di sport minori, fatti ed iniziative locali che solitamente non hanno il risalto che meritano. Ma Lsd è anche fuga dal quotidiano, i vari resoconti dai luoghi più suggestivi del pianeta rendono il nostro magazine punto di riferimento per odeporici lettori.