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Piove a dirotto, penultima curva del gran premio di San Paolo, ultima prova del mondiale di F1, Massa ha già tagliato il traguardo in testa, Hamilton è sesto sta per perdere il mondiale piloti a favore dell’idolo di casa. Quest’ultimo festeggia alzando il dito, uno, due, tre volte… a quel punto una comunicazione radio interrompe i gesti di tripudio, le mani di Felipe sbattono violentemente contro il volante: Luis Hamilton ha superarato proprio in quella curva il tedesco Timo Glock, recuperandogli in un solo giro ben 12", il britannico è campione del mondo.
E’ l’epilogo più bello e più drammatico di un mondiale combattutissimo e spettacolare, il più bello che ci si potesse aspettare. E forse anche il più giusto.
Questo epilogo parte da lontano, dal 7 settembre scorso. Altro spettacolare gran premio, altro gran premio di pioggia. Ultimi giri, mentre Raikkonen gira in testa la pioggia interviene sul circuito di Spa-Francochamps (Belgio) a scombinare le carte; Hamilton, secondo, gira al doppio della velocità e si porta sul finlandese implacabilmente. Quest’ultimo non può resistere e in prossimità del traguardo viene attaccato da Hamilton che per non uscire di strada taglia la shicane portandosi in testa. La manovra non è regolare perciò l’inglese si fa sorpassare come da regolamento, tuttavia non rallenta abbastanza e sfruttando la scia supera ancora una volta il finlandese. Era inevitabile e anche se l’episodio può dare più di un sospetto, il sorpasso sarebbe avvenuto comunque. Ciò detto, alcuni km dopo Hamilton perde il controllo offrendo una ghiotta occasione al suo rivale, questi si riporta in testa come per un atto di giustizia che ridà ciò che la presunta irregolarità di Hamilton ha tolto prima del tempo. Ma Raikkonen non sa afferrare questa offerta della giustizia e solo qualche curva dopo va a sbattere sul muretto lasciando al futuro campione del mondo la vittoria del gran premio del Belgio. Una gara fantastica, un’emozione intensa ha acceso l’entusiasmo dei tifosi, quelli puri, dello sport e della F1. Ma a qualcuno non va di accettare il risultato della pista e del destino e, a nostro parere, molto inopportunamente sfrutta il piccolo peccato veniale del pilota McLaren per deprimere lo spettacolare finale di un bellissimo gran premio. Il team Ferrari sporge reclamo per l’episodio del sorpasso al suo pilota, è il trionfo della mancanza di stile; la giuria si riunisce è dà la vittoria a Massa e alla Ferrari -Ferrari che, ben due volte, aveva perso in pista la gara- negando l’unica verità che dovrebbe contare: Hamilton era stato il più veloce! . Del resto non si può predendere di meno, è il bussiness, non la voglia di una vittoria sportiva, perché lo sportivo ama una vittoria pulita, senza polemiche e senza dubbi. E’ la necessità di quadrare i bilanci, arrivare a guadagnare quel milione in più, soddisfare gli sponsor, spingere il mercato, ecc… Non è competizione sportiva è concorrenza economica. Ciò che il signor Enzo non era.
Tuttavia lo sport sa come vendicarsi, e capita che all’ultimo gran premio Hamilton si presenti in testa di sette punti sul rivale favoritissimo sulla pista di casa. La speranza rossa è dunque ancora accesa, lo scorso anno era successa la stessa cosa e la Ferrari, con Raikkonen in vece di Massa, aveva alla fine trionfato sfruttando la debacle del pilota inglese. Era successo questo ad interlagos nel 2007, ovvero che al momento della verità la Ferrari si era dimostrata padrona del circuito e la McLaren assolutamente lontana. Anche in quel caso aveva trionfato la verità della macchina più performante.
La cosa potrebbe ripetersi anche quest’anno, la Ferrari in Brasile è più forte e perciò la McLaren ha lavorato giorno e notte per ridurre il più possibile il gap e ottenere almeno quel quinto posto sufficente a vincere il mondiale. Per essere in questa situazione, però, dobbiamo ricordare che la Ferrari nel gran premio (Shangai) precedente ha fatto ciò che personalmente ritengo una delle cose più antipatiche di questo sport, ovvero rallentare Raikkonen (in quel momento secondo dietro a Hamilton) per permettere a Massa di guadagnare quei due punti che l’hanno tenuto in gara fino alla prova brasilera. In ogni caso al via Massa è in pole e Hamilton solo quarto.
La pioggia, la safety car, le strategie, le soste ai box, i sorpassi, la pista che si asciuga, gli incidenti. A nove giri dalla fine la situazione è la seguente: Massa in testa seguito da Alonso, Raikkonen e Hamilton, tallonato a sua volta da un velocissimo Vettel (sarà poi quest’ultimo il deus ex machina del rocambolesco destino che seguirà). Dalle radio arriva la tanto temuta segnalazione, "sta tornado a piovere"; tre giri dopo è nubifragio, le macchine si dirigono verso i box ad indossare le gomme adatte, ma non tutte. Le due Toyota di Trulli e Glock, mantengono le gomme d’asciutto nella speranza di resistere e guadagnare posizioni e punti importanti. Glock più del suo compagno si trova in ottima posizione, quarto prima di Hamilton ora a rischio mondiale. E’ proprio in questo momento che interviene nella storia il giovane erede di Shumacher, Sebastian Vettel (Toro Rosso), veloce e combattivo, inidifferente ai calcoli tattici dell’uno o dell’altro. Il tedesco pressa l’inglese e a due giri dal termine lo sorpassa con la semplice e ineluttabile forza della velocità, legge somma della F1, grazie al suo motore Ferrari.
Clamoroso, Vettel ora è quinto e soprattutto Hamilton sesto, Massa virtualmente e quasi inevitabilmente campione del mondo. "Inevitabilmente" perché manca solo un giro e mezzo e Glock, il quarto, ha ben 12" di vantaggio sullo scatenato Vettel; "quasi" perché il giovanissimo tedesco è nato per correre fino all’ultimo metro e la pioggia precipità sempre con più violenza; così è proprio il giovane Sebastian a guidare la rimonta disperata di Hamilton ed è sempre lui a fare da traino nell’impossibile impresa dopo aver quasi compromesso il sogno mondiale dell’inglese. E quando Massa taglia il traguardo pochi in Ferrari pensano che l’impossibile accadrà e guardano fiduciosi verso l’ultima curva per poter scorgere via via le auto dirigersi verso la bandiera a scacchi: il primo a comparire è Alonso, il miglior pilota al mondo alla prese per la maggior parte della stagione con una macchina non altezza; poi è la volta di Raikkonen, grande e fragile pilota, campione del mondo in carica; l’attesa si fa più spasmodica, gli uomini in rosso attendono la comparsa di Glock è invece un’altro il tedesco a comparire, il coriaceo Vettel seguito da Hamilton quinto!: la Toyota con le gomme d’asciutto è crollata, Glock ha girato l’ultimo giro in 1 minuto e 34 secondi, ben 10 secondi più veloce del suo compagno di squadra Trulli (1′ e 44"), ma lentissimo a confronto del minuto e venti secondi circa di Vettel; ogni sospetto di combine anglo-tedesca è quindi improponibile.
Hamilton è campione del mondo, e la delusione Ferrari è tutta nel mutare d’espressione del padre di Felipe Massa, che passa da una sfrenata euforia al sorpreso sconforto, mentre i suoi occhi denunciano una volontà di protesta inesprimibile ed inutile contro un destino che ha celebrato la sua giustizia restituendo a Luis ciò che la giuria della gran premio del Belgio aveva tolto. Noi tifosi, esterefatti ed entusiasti per lo svolgersi continuo e violento di emozioni, contenti che lo sport, al di là del bussiness, valga ancora come realizzatore di sogni, speranze e delusioni, sia ancora capace di essere così spettacolarmente umano.
Alla fine alla Ferrari resta il titolo costruttori, l’ottavo in dieci stagioni, meritato, indubbiamente meritato, così che infine si possa concludere, "brava Ferrari, brava comunque".