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Lungo e scrosciante l’applauso del pubblico, al Teatro Piccini di Bari, Giovedì 18 Gennaio , per lo spettacolo “Tanto vale divertirsi”, una amara e originale riflessione sulla Shoah.

L’evento, della stagione teatrale Altri mondi, è stato voluto dal Comune di Bari come spettacolo fuori programma dedicato al mese della memoria e si ispira ad una storia vera e in particolare alle vicende dei principali attori comici tedeschi, quasi tutti ebrei, che si ritrovarono tra il 1942 e il 1943 nel campo di transito di Westerbork, in Olanda.

I campi di transito durante la deportazione ebrea furono tanti (uno lo abbiamo avuto anche in Puglia, ad Alberobello, denominato la Casa Rossa), ma quello di Westerbork è stato il più grande ed è quello da dove sono passati migliaia di ebrei prima di essere deportati nei campi di concentramento ( la stessa Anna Frank). E qui si ritrovarono attori di primo piano della scena comica europea: Camilla Spira, Max Ehrlich, Kurt Gerron per citarne alcuni.

Il comandante del campo, sensibile all’arte e allo spettacolo allestì, a Westerbork, un teatro dove questi attori erano costretti ad esibirsi in spettacoli di cabaret per far ridere e intrattenere i carcerieri aguzzini in cambio di una momentanea immunità dai campi di sterminio. Gli attori, infatti, si esibivano una volta la settimana e la loro sopravvivenza era legata a quanto facessero ridere: ogni spettacolo rappresentava la possibilità di poter sopravvivere un’altra settimana.

Questa la trama dello spettacolo, scritto da Damiano Nirchio, diretto e interpretato da Antonella Carone, Tony Marzolla e Loris Leoci,  e prodotto da UNO&Trio ETS.

La scena iniziale vede su un palco tirato a lucido, pronto ad accogliere il “pubblico” delle grandi occasioni, tre attori strampalati che ripassano le scene dello spettacolo che da lì a poco andranno a rappresentare: la famosa tragedia shakespeariana “Amleto” riscritta dal capocomico in una singolare chiave comica che possa far “morire” dal ridere! Battute come “ to be or not to be”, ripetute all’infinito pur di trovare l’intonazione scoppiettante capace di far divertire.

E tanta è l’ansia e l’inquietudine che trapela dai quei tre incasinati attori che ce la mettono tutta per far ridere . E non è certo la comune ansia da prestazione prima di uno spettacolo ma è la paura di non riuscire a guadagnare un altro po’ di vita.

Una estenuante corsa contro il tempo, fatta di battute argute, di equivoci e di freddure pur di fuggire da una tragedia che intanto s’avvicina esattamente come il “pubblico” che incombe al di là del sipario, mentre il tempo che resta è scandito da rumori che ricordano l’avvicinarsi minaccioso di giganti o di strani apparecchi di guerra…
Ma dopo tutta questa fatica sorge il dubbio che ci sia poco ormai da ridere. Eppure… “Non abbiamo più molto da perdere, mi sembra. Tanto vale… Divertirsi. No?”

Antonella Carone, Tony Marzolla e Loris Leoci, insieme autori del progetto, registi e interpreti, hanno rappresentato sul palco un’operazione che racconta da una prospettiva piuttosto inusuale e originale il dramma della Shoah e che mostra come, anche in un contesto di morte e sofferenza, l’Arte e la Risata riuscirono a farsi spazio per aiutare a sopravvivere o anche solo per dare una chance in più. Un’ultima ancora…

Quegli attori morirono tutti, come hanno raccontato le parole videoproiettate alla fine dello spettacolo e (ultima curiosità), quando il cabarettista Max Ehrlich stava per essere  ucciso nelle camere a gas ad Auschwitz, una guardia lo riconobbe e gli chiese di farlo divertire un’ultima volta, l’attore rispose “Oggi no.. domani forse”.

Uno spettacolo intenso da vivere come preludio alla riflessione che accompagnerà la giornata del 27 gennaio dedicata alla memoria della Shoah.

Marcella Squeo

La dottoressa Marcella Stella Squeo è laureata in Giurisprudenza è una giornalista pubblicista e si occupa di cultura, spettacolo, musica e di beneficienza e volontariato facendo parte di diverse associazioni di settore.