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L’Arte Fiera di Bologna è la prima fiera del settore in Italia mentre in Europa è seconda solo alla Kunstmesse di Basilea. Ben 196 espositori si sono dati appuntamento nei padiglioni 25 e 26 della Fiera di Bologna dal 2 al 4 febbraio. Sono passati 50 anni da quel lontano 1974 quando all’interno della Campionaria fu aperta una piccola sezione dedicata all’arte con appena 10 gallerie. Da allora la manifestazione è sempre cresciuta con una grande partecipazione di livello internazionale, caricandosi ogni volta di energia, forte dei consensi di critica e pubblico. Quest’anno pertanto è stato una sorta di amarcord, ma senza nostalgie o rimpianti: doverosa rievocazione di episodi e personaggi, a cominciare dalla fondazione, e dei legami fra arte e società degli anni ’70. Il direttore artistico Simone Menegoi coadiuvato dal collezionista Enea Righi, ha organizzato accanto alla Main Section, che comprende arte classica e moderna, altre tre sezioni: “Fotografia e immagini in movimento”, “Pittura XXI” e “Multipli”, più “Percorso”, un itinerario dedicato al disegno.

Camminare lungo corridoi dei padiglioni, disseminati di gallerie, è un tuffo nel mondo dell’arte e della cultura, soffermandosi ogni volta che un’opera trasmette un messaggio e un’emozione. Può essere stupore, fascino, provocazione, improvviso interesse, curiosità; o semplicemente si è colpiti da cromatismi stimolanti. Lasciarsi avvolgere da atmosfere personali, pur nell’inevitabile confusione, crea momenti di isolamento in cui si innesca attraverso l’opera d’arte un dialogo esclusivo fra artista e fruitore. Se gli operatori del settore sono corsi a frotte da tutta Italia e dall’estero, in una città come Bologna la mostra catalizza sempre l’attenzione di chiunque abbia interesse per le arti visive. Immancabili le “visite” a De Chirico, Schifano, Pomodoro, Sironi, Isgrò, Savinio, nonché ai moderni Linda Carrara, Arcangelo Sassolino, Agostino Arrivabene. Imperdibili le foto di Thomas Ruff, tra le quali spicca quella di Lenin; l’angolo dedicato a Maurizio Cattelan, “Because”, curato da Sarah Cosulich, con la “Z” di Zorro (1989) e “Il gatto” (2003); e inoltre “Le canapé bleu” di Domenico Gnoli, quotato oltre il milione di euro. Numerosi gli eventi di rilievo: l’installazione permanente all’ingresso di BolognaFiere, una lapide del compianto Alberto Garutti con la scritta “Tutti i passi che ho fatto nella mia vita mi hanno portato qui, ora”, una breve riflessione su quanto ciò che ci accade, mai per caso, nello spazio/tempo; l’Opus Novum affidata quest’anno a Luisa Lambri, la quale ha preso in esame due edifici simbolo dell’architettura bolognese anni ’70 (la chiesa di Santa Maria Assunta a Riola di Vergato di Alvar Aalto e il Padiglione del l’Esprit Nouveau, sito proprio nel quartiere fieristico; l’installazione inedita “Tiro al Blanco” dell’artista peruviana Daniela Ortiz, una critica all’egemonia del Nord sul Sud del mondo, dovuta soprattutto agli armamenti; “Praticamente nulla da vendere” una ripresa della performance “Imponderabilia” del 1976. Da segnalare ancora l’area Book Talk, nella quale sono stati presentati libri d’arte e si sono tenute conversazioni con la partecipazione di critici, studiosi e artisti. Per l’occasione è stato pubblicato “Numero Zero. Il primo catalogo di Arte Fiera”, per consentire ai visitatori di scoprire le dieci gallerie della prima edizione del 1974.

Ma non è finita qui: in occasione del 60° anniversario della morte di Giorgio Morandi, il più importante artista moderno bolognese, sono stati allestiti cinque special project che hanno coinvolto teatro, cinema, fotografia e suono. Ciliegina sulla torta il coinvolgimento totale della cittadinanza con la Art City White Night, vale a dire la possibilità di fruire gratuitamente di varie proposte artistiche nelle ore serali fino alla mezzanotte, grazie alla collaborazione di operatori commerciali e culturali.

La strada sulla quale ci si è incamminati 50 anni fa è quella giusta, segno che bisogna continuare a percorrerla con il consueto entusiasmo.

Gianfranco Morisco

Redazione

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