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"Umberto

Lo definiscono vulcanico, duro e puro, senza nessun rispetto per le convenienze, determinato e vicino alle esigenze del suo popolo… Per noi non è nulla di tutto ciò, ma non possiamo dire ciò che davvero pensiamo di lui, tanto per non incorrere in denuncie di diffamazione e comunque per non abbassarci al suo livello (cosa del resto impossibile vista la profondità della depressione che egli rappresenta). Ci limitiamo semplicemente a dire che egli è uno dei cancri del nostro Paese, se non avete ancora capito di chi sto parlando vi farò un disegno: la faccia deformata da un ictus, la giacca unta e bisunta, una squallida cravatta verde, il dito medio levato verso la nostra bandiera mentre suona l’inno di Mameli.

 No, non sto parlando di un diabolico personaggio come quelli creati dalla penna di Bulgakov, è reale purtroppo più di quanto ciascuno di noi non vorrebbe: si chiama Umberto Bossi e da anni suona sempre la stessa musica che per ritornello fa: federalismo!
E «dopo il federalismo bisogna passare anche alla riforma della scuola. Non possiamo più lasciare martoriare i nostri figli da gente che non viene dal nord. Il problema della scuola è molto sentito perchè tocca tutte le famiglie» dice Bossi. «La Padania ormai è nel cuore di tutti. Noi ai bambini la insegnamo fin da quando nascono, insegnamo loro che non siamo schiavi e non lo siamo mai stati», sottolinea il Senatur spiegando che sul fronte della scuola «tutto quello che dico è la verità. Un nostro ragazzo (suo figlio Renzo ndr) è stato "bastonato" agli esami perchè aveva portato una tesina su Carlo Cattaneo».

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Oppure magari quella tesina non era niente di che? I dubbi sulle capacità di intendere la cultura da parte dei leghisti sono forti e a renderli più consistenti l’intervento della parlamentare leghista Paola Goisis, della commissione Cultura della Camera, che sul fronte della scuola rilancia: «Gli studenti italiani sanno tutti i sette re di Roma ma non sanno neppure un nome di un doge della Repubblica Serenissima». Bè, non è che i dogi fossero soltanto sette, in mille anni di storia se ne sono succeduti ben 120; io ricordo, tuttavia, un doge di Venezia in particolare, tale Enrico Dandolo che all’inizio del ‘200 convinse i crociati della spedizione promossa da Innocenzo III ad accantonare la lotta ai musulmani per conquistare l’impero "cristano" bizantino e perseguire gli interessi economici della Serenissima. Un veneto di cui l’Umberto sarebbe decisamente poco fiero, se lo conoscesse: abbandonare la lotta ai musulmani!? che eresia!. La Goisis non contenta aggiunge: «dopo trent’anni di scuola di sinistra, di esami di sinistra, di professori di sinistra, di presidi di sinistra i nostri ragazzi sono disorientati. I nostri studenti hanno bisogno di essere guidati da un conquistatore come Umberto Bossi. E non è possibile che vengano professori da ogni parte a togliere il lavoro agli insegnanti del nord. Loro vogliono sentir parlare solo di Pirandello e Sciascia e non di un federalista come Carlo Cattaneo».
Con tutto il rispetto per Cattaneo, a noi pare che se qualcuno volesse azzardare un paragone, lo stesso sarebbe schiacciante a favore dei romanzieri su citati, dopotutto la rilevanza donata dalla lega all’intellettuale lombardo si deve soltanto al fatto che fosse sostenitore del federalismo -naturalmente in circostanze storiche sociali e politiche assolutamente diverse-, e non al fatto che fosse uno strenuo patirota italiano, fondatore anch’egli dei valori rappresentati dal tricolore e dall’inno di Mameli. Si tratta ancora una volta di polemiche populiste e senza nessun fondamento: al nord numerosissime solo le cattedre vacanti e pochi i professori autoctoni, perciò è fin troppo ovvio che le lacune vengano colmate da professori del sud, i quali, a loro volta, abbandonano con dispiacere la loro terra.
E tutto questo per un voto basso preso dal figlio di Bossi! Non resta dunque che tirare un bel sospiro di sollievo visto che Piersilvio ha terminato la scuola da un bel pezzo…

"Renzo