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"intercettazioni"

  E’ di oggi la notizia dell’accordo sul DDL contro le intercettazioni telefoniche: queste saranno concesse per le indagini sui reati da 10 anni in su, ma saranno consentite anche per i reati contro la Pubblica amministrazione.
Non vogliamo però troppo facilmente sorvolare su quello che, secondo l’enturage del premier, è stato semplicemente un "refuso", ovvero l’ormai celebre annuncio dei giorni scorsi di Silvio Berlusconi secondo il quale sarebbe stato pronto non un disegno di legge ma un vero e prorpio decreto legge. Per chi non conosce la differenza basti spiegare che in quest’ultimo caso il provvedimento entrerebbe in vigore senza la discussione in parlamento (che avverrebbe successivamente). L’utilizzo del DL si prevede infatti per provvedimenti di urgenza. Cosa avrebbe dunque caratterizzato dell’aggettivo "urgente" l’abolizione delle intercettazioni in sede giudiziaria? Probabilmente una logica del tutto particolare che sa di interessi personalistici poco corrispondenti alle reali necessità del paese.
E’ quindi, refusi o meno, il caso di analizzare i provvedimenti finora presi dal nuovo governo domandandosi  se questi riflettono le reali necessità del paese. Uno dei provvedimenti più urgenti è stato preso in merito alla questione dei rifiuti campani, ma è davvero il problema più improrogabile? I fatti recentissimi indicano che la sicurezza sul lavoro si dimostra ben più rilevante e la risposta in preparazione del governo (solo da oggi!) è una più capillare diffusione della cultura della sicurezza sul lavoro. A noi non sembra tuttavia che questa soluzione sia davvero attinente alla questione.
L’Italia è imperversata da una crisi economica imponente che si vuole attribuire alla particolare (quanto poco definita) congiuntura economica mondiale, ciò fa però dimenticare come la crisi sia dovuta principalmente al calo dei consumi, a loro volta dovuti al calo del potere d’acquisto dei lavoratori dipendenti e degli imprenditori delle piccole e medie imprese. A questo proposito gli interventi previsti dal governo sono improntati, per l’ennesima volta, sulla riduzione delle tasse alle imprese e (novità assoluta) ai lavoratori, o almeno sui loro straordinari; soluzione che ancora una volta non tiene  conto di un fenomeno caratterizzante del nostro capitalismo: le oligarchie. Interi settori del mercato (i più ricchi) sono dominati da oligarchie che dettano le regole sui prezzi, sui salari e sui rifornimenti dalle piccole e medie imprese. Quest’ultime si accalcano quindi nei restanti settori di mercato tanto piccoli da costringere l’impresa a talgiare i costi per la sicurezza (o non considerarla proprio), a far lavorare i propri dipendenti e loro stessi oltre i propri limiti fisiologici, ridurre gli stipendi e soprattutto a non investire in maniera adeguata per la propria crescita. Risultato: continui incidenti sul lavoro, precariato in aumento, basso potere di acquisto, evasione fiscale continua, aumento dei prezzi ecc… un circolo vizioso senza fine (a meno che non si voglia operare una serie di concrete liberalizzazioni e politiche anti-oligarchiche).
La situazione dunque e tale da essere connotata della massima urgenza. Quali sono stati invece i primi provvedimenti proposti dal governo? Introduzione del reato di immigrazione clandestina e disegno di legge sulle intercettazioni telefoniche. Verrebbe da chiedersi: che c’entrano? No signori, una logica c’è, ma sta a voi trovarla.

"Bush

BUSH IN VISITA IN ITALIA: MAGGIORI CONTRIBUTI PER L’AFGANISTAN – Svelato il tema principale dei colloqui tra Bush e nostri rappresentanti. Motivo della visita del presidente USA -in corso in queste ore- è la richiesta di maggiore collaborazione da parte dell’Italia per regolare la situazione afghana (ma non dicevano che si era pacificata?). Tuttavia, stavolta, non sarà facile ottenere un immediato sì dalla controparte italica. Sul piatto della discussione vi è qualcosa di più, ovvero l’ingresso dell’Italia nel "5+1" (i cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza più la Germania), il gruppo che sta negoziando sul problema del nucleare iraniano. In prospettiva di una prossima disputa (alcuni maligni dicono non poco violenta) con l’Iran sul tema del suo petrolio, ops… scusate… volevo dire sul tema del nucleare (sapete a volte mi lascio prendere…) l’Italia vorebbe sedere al tavolo della pace (corsi e ricorsi storici). Tuttavia la signora Angela Merkel ha opposto un severo no a questa ipotesi in un precedente incontro prorpio con il presidente Bush.
La partita afghana – seppur intrecciata a quella iraniana – entra così prepotentemente in scena nei colloqui romani del presidente George W. Bush, complice anche il parallelo avvenimento parigino dove si svolgerà la Conferenza internazionale sull’Afghanistan. Ma alla vigilia dell’incontro con Berlusconi è ormai chiaro che l’amministrazione Bush – sull’Afghanistan – si aspetta dal nuovo Governo italiano qualcosa di più di una semplice dichiarazione di disponibilità. L’Italia però sa di essere al limite del suo impegno internazionale e confermerà a Bush che ogni ipotesi di aumento truppe è escluso. Anche perché lo spostamento completo del contingente ad Herat conferma la piena operatività dell’Italia. Ed Herat non è una zona tranquilla, anzi vi si stanno spostando gli insorgenti afghani, che di sicuro non riserveranno una buona accoglienza alle truppe. Zona, tra l’altro, che, è quella dove sono schierate le truppe del Paese che proprio non vuole l’entrata dell’Italia nel ‘5+1′: ovvero la Germania (dimentica della nostra antica amicizia "assiale"). Insomma a Silvio tocca ora sbrogliare l’intricata matassa, che si intreccia dall’Iran all’ Afganistan (questioni visibilmente non separabili). Dunque speriamo non incappi in confusi refusi.

"Bambini

NUMERI, TUTT’ALTRO CHE NUMERI – (Ansa) Nel mondo circa 165 milioni di bambini di età compresa tra i 5 e i 14 anni lavorano e di questi 74 milioni sono coinvolti in attività considerate pericolose. Il numero dei minorenni sfruttati sale addirittura a 218 milioni se si considera la fascia d’età tra i 5 e i 17 anni. Inoltre, secondo i dati più recenti sul numero degli iscritti a scuola, sarebbero 72 milioni i bambini in età da scuola primaria non scolarizzati. E’ questa la drammatica realtà del lavoro minorile fotografata dall’Organizzazione internazionale del lavoro (Ilo), che promuove, come ogni 12 giugno, la Giornata contro il lavoro minorile, dedicata quest’anno al tema dell’istruzione. Secondo l’ultimo rapporto mondiale dell’Ilo sul lavoro minorile, nel mondo un minore su sette svolge una qualche attività: con 122,3 milioni di bambini economicamente attivi, l’Asia e il Pacifico rappresentano la regione con il più alto numero di minori lavoratori nel mondo (pari a quasi il 20%). L’Africa sub-sahariana, con il 26% (circa 50 milioni di minori lavoratori), è invece la regione con la più alta incidenza di bambini che lavorano. Mentre l’America Latina e i Caraibi spiccano in termini di rapida riduzione del lavoro minorile: il numero dei minori lavoratori nella regione è sceso di due terzi tra il 2000 e il 2004, con appena il 5% (5,7 milioni) di minori di età compresa tra i 5 e i 14 anni ancora coinvolti nel lavoro minorile. Questa realtà, tuttavia, caratterizza non solo i Paesi in via di sviluppo, ma anche i Paesi industrializzati, dove nel 2000 lavoravano circa 2,5 milioni di minori al di sotto dei 15 anni. Quanto ai settori in cui i bambini-lavoratori vengono impiegati, spicca l’agricoltura con circa il 70% del totale. Il 22% dei minori che lavorano sono invece attivi nel settore dei servizi e il 9% nell’industria (che comprende anche lavoro in miniera e nell’edilizia). Il numero di minori lavoratori, secondo i dati dell’Ilo, tra il 2000 e il 2004 è comunque sceso dell’11% e la diminuzione più importante (26%) si è avuta nei lavori pericolosi. Per ridurre il fenomeno del lavoro minorile, secondo l’organizzazione, è fondamentale estendere l’accesso ad un’istruzione gratuita ed obbligatoria. Uno studio dell’Ilo evidenzia infatti che l’eliminazione del lavoro minorile e la sua sostituzione con l’istruzione universale offrono enormi benefici dal punto di vista economico, oltre che sociale: globalmente, i benefici superano i costi in un rapporto 6 a 1 e ogni anno supplementare di scuola, fino all’età di 14 anni, genera per il futuro l’11% di reddito in più all’anno. Ma accanto a questo, anche l’insegnamento deve essere di qualità, osserva l’Ilo, ricordando che, secondo un recente rapporto dell’iniziativa Education for All (Efa), nel mondo c’é bisogno di 18 milioni di nuovi insegnanti nella scuola primaria se si vuole raggiungere l’obiettivo dell’istruzione primaria universale entro il 2015.