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"s"Nuovo capitolo della rubrica domenicale "Storie di film e dintorni". A che punto eravamo?

Ma sono i western non le commedie e i drammi del cinema italiano a fare la parte del leone nelle sale cinematografiche. E i film western, giunti sugli schermi dei cinema baresi nel 1951, sono oltre 25. Poche se ne salvano dalla mediocrità, ma con i pistoleri, lo sceriffo, i pellerossa, le praterie, i bisonti non si sbaglia mai. Girano continuamente per le sale di prima, seconda e terza visione incassando cifre che pellicole di altro genere e contenuti possono solo sognare, "i western sono una fonte inesauribile di spettacolo e profitti per Hollywood che offre spesso spunti emozionanti e di sicuro successo". Fra i meno peggio, a parte quelli già citati, ne abbiamo scelti due ed entrambi interpretati dallo stesso attore, Errol Flynn, che sta vivendo una fase discendente della sua vita e della sua professione. Il primo s’intitola Più forte dell’odio, un film in cui il grande rubacuori veste un ruolo non adatto alla sua personalità, ai ruoli e ai personaggi che Hollywood ha proposto in passato per questo eclettico, affascinante attore ridotto a livello di un mandriano con tanto di pistole e cinturone. Flynn non è a suo agio in questo film… e si vede.

Dov’è finito dunque l’Errol Flynn-Robin Hood della foresta di Sherwood, il pirata Capitan Blood che sfida il trono d’Inghilterra, che ama le avventure nel Mar dei Caraibi, che brilla nei film di cappa e spada come l’elegante Don Juan seduttore della regina Margherita di Spagna o l’ufficiale inglese nella Carica dei seicento, il Generale Custer, insomma che fine ha fatto l’eroe prestante e senza paura, l’uomo che impersonava vigore e dinamismo, quel personaggio spavaldo nella finzione come nella vita? Si è ‘spento’, dedito all’alcool e alle droghe, è diventato intrattabile, inaffidabile, un ribelle e un attaccabrighe. Un disastro per la Warner Bros che proprio nel 1950 scioglie il contratto paradossalmente proprio dopo"s2" la magnifica prestazione ne Il 7° lancieri carica sullo schermo del cinema Umberto il 10 ottobre. Licenziato dalla Warner, inizia il suo declino e comincia a sperperare tutto il denaro guadagnato durante gli anni d’oro della sua notorietà.

Nella norma, invece, il John Wayne di Rio Bravo, il 22 marzo al Santalucia, diretto da John Ford, che completa la trilogia della coppia sulla cavalleria. Il film non è né migliore né peggiore dei due precedenti, ma neppure un’opera minore. "Dire Ford è dire western", commenta Virgintino. "Narrato in maniera serrata e avvincente, questo Rio Bravo non lascia tempo agli sbadigli, il che, con i film in giro è già molto". Il riferimento è anche ai film di John Wayne per il quale sembra che i gestori dei cinematografi non possono fare a meno: vengono proiettati in sale di prima visione pellicole di Wayne del 1940, 41, 42 e 44 come fossero pellicole fresche di stampa. Poi, ce ne sono tante altre, comprese alcune interpretate da fior di attori, come William Holden, Barbara Stanwyck, Glen Ford, Gregory Peck e perfino Gary Cooper, un’icona hollywoodiana, che farebbero bene a proiettare solo in America. Tuttavia, come accennato, queste ‘star’ erano contrattualizzate e non si poteva tenerle sul libro paga in attesa del ‘grande film’: dovevano girare pellicole che le case "s3"cinematografiche proponevano, pena la risoluzione dei contratti con pesanti penali.

Per finire il discorso sul western, quest’anno ‘torna’ il bravo, volenteroso, anziano Randolph Scott ‘scoperto’ da Howard Hughes, sempre lui, il miliardario, che fin dall’inizio della sua carriera veste i panni del cow boy ‘buono’ in una serie di western di serie B per poi ‘bighellonare’ in tanti altri film di vario genere e ruoli di supporto perfino nei musical con Fred Astaire e Ginger Rogers, accanto alla piccola e vivace Shirley Temple o con l’esplosiva bionda Mae West, per tornare verso la fine degli anni Quaranta, al suo vecchio amore, i western ‘tranquilli’, quelli cioè dove lo sceriffo non è troppo duro con i banditi, dov’egli, ormai cinquantenne, preferisce il cavallo ad una bella ragazza, dove i pellerossa non tagliano scalpi ai visi pallidi e dove le sparatorie non sono troppo cruente. Tanto in Italia, ma anche nella ‘provincia’ americana, va bene tutto.

Il guaio del cinema hollywoodiano è che non si fa in tempo ad elencare le mediocrità, la paccottiglia delle loro produzioni; l’assenza del gusto e della misura, l’ingenuità e l’assurdità di certe scene portate ad un tale estremo da rasentare il ridicolo, ed ecco che ti sfornano il capolavoro, il film che non t’aspetti, che addirittura mette alla berlina il loro stesso lavoro: il cinema, lo star-system, le manie e le leggi che regolano il sistema Hollywood dall’interno.

 

La rubrica "Storie di film e dintorni" continua la prossima domenica.

 

Michele Traversa

Direttore responsabile e Editore di LSDmagazine. Esperto di turismo, spettacolo, gastronomia e tecnologia. Attento alle strategie social media e preparato all'interazione tra gli strumenti che questi offrono e la diffusione dei loro contenuti. Collabora con le principali riviste del settore turistico, italiane e straniere, autore di libri e documentari di viaggio e di mostre fotografiche.