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"am"Qualcuno li ha già definiti una leggenda vivente. Ed invero il nostro pensiero non è affatto dissimile da tale affermazione, che facciamo senza dubbio nostra, pur ostinandoci, con incerti risultati, a nasconderlo a noi stessi, non fosse altro che per il piacere di goderceli in carne, ossa, muscoli, cervello, cuore ed anima. Ecco spiegato il motivo per cui noi siamo più propensi a ritenere i fratelli Antonio ed Agostino Marangolo una inestimabile ricchezza dell’umanità, due magnifiche icone dei nostri tempi, luminoso esempio per le nuove leve non solo per le loro indiscusse ed indiscutibili doti musicali ma anche per quella loro irriducibile forza nel non piegarsi mai a compromessi, quale che fosse la posta in gioco.

Tanto Antonio, che nella sua ormai più che quarantennale militanza ha messo le sue doti di sassofonista e, soprattutto, di arrangiatore al servizio di gente del calibro di Paolo Conte, Vinicio Capossela, Claudio Lolli, Sergio Endrigo, Miriam Makeba e tanti altri, sino all’amatissimo e fedelissimo Francesco Guccini, quanto Agostino, mitico batterista dei Goblin, ma anche dei New Perigeo di Giovanni Tommaso, che ha impreziosito le note di una miriade di artisti, tra cui Riccardo Cocciante, Antonello Venditti, Angelo Branduardi, Niccolò Fabi, ed ha legato indissolubilmente il suo nome alla maestosità del mai abbastanza compianto Pino Daniele, con cui ha inciso vere e proprie pietre miliari della musica di tutti i tempi come “Nero a metà”, non hanno mai una sola volta abiurato alla loro altissima cifra stilistica; la loro tenacia nel percorrere una strada difficile, impervia, in cui non erano ammesse scorciatoie in nome del raggiungimento della meta magari con maggiore maneggevolezza, ha, senza ombra di dubbio, pagato, ed oggi il sound dei fratelli Marangolo, ognuno nel proprio campo, ha una connotazione riconoscibilissima, un "am2"personalissimo marchio di fabbrica che non consente ad orecchio allenato – ma anche no – di confonderli con altri loro colleghi.

Ascoltarli dal vivo, poi, è sempre un’emozione unica, una lectio magistralis cui non si dovrebbe mai rinunciare e che, infatti, raccoglie sempre entusiasti proseliti. È andata così anche nella loro recente doppia sortita in Puglia, occasioni rese ancor più ghiotte dalla decisione – che a noi appare del tutto incomprensibile – dei nostri eroi di non unire quasi mai le loro forze; così gli appuntamenti di Andria e di Trani, pur dovendo necessariamente essere raggruppati in date ravvicinatissime a causa degli innumerevoli altri impegni dei due, hanno fatto registrare due assoluti e totali sold out. Soprattutto la serata di Trani, da tempo nuova patria di Agostino che qui ha fondato e dirige l’apprezzatissima Accademia MusicaleScuola sul mare”, ha avuto i crismi dell’evento; nella elegante cornice dei Ferrara Interiors, con la Signora Susanna perfetta – come sempre – padrona di casa, Antonio ed Agostino si sono sfidati in singolar tenzone, con l’ottimo Oscar Del Barba a far da arbitro tra i due con le sue tastiere. A parte qualche standard, tra cui il capolavoro di Thelonious Monk “Round Midnight” che ha aperto il set, ed il ricordo dell’amico di sempre con un’ispirata quanto sognante versione di “Chi tene ‘o mare”, la scaletta del concerto ha visto le composizioni di Antonio farla da padrone, tesoro di inestimabile valore, la cui ricerca ci ha spinti in territori per lo più ancora inesplorati ma i cui paesaggi richiamavano un background noto a tutti, un suono che – errando – spesso attribuiamo a taluno dei suddetti artisti ma che, al contrario, è tutto farina del sacco del nostro; la intrinseca bellezza dei brani, tutti eseguiti col fedele sax tenore, veniva esponenzialmente elevata dalla luminosità della batteria di Agostino e dal suo tocco magico, una perfetta miscellanea di classe e potenza, melodia e rock, passione ed impeto, che ha impreziosito ed esaltato il repertorio del fratello maggiore, di cui si è pubblicamente definito “il più grande "am3"fan”, così come ha sapientemente fatto Oscar, mai invasivo né sopra le righe ma sempre attento a ritagliarsi la propria fetta di pregevolissimi interventi.

Raramente ci è capitato di sentirci, anche in senso fisico, così “dentro la musica”, parti dell’esaltante scambio di vibrazioni positive tra il trio ed il pubblico, composto anche di addetti ai lavori come testimoniava la presenza in prima fila dell’eccellente Michele Perruggini, ma finanche tra gli stessi musicisti, che denotavano non solo un assoluto stato di grazia ma altresì – e questa è circostanza rara – un perfetto interplay, determinato di certo dall’incondizionato rispetto che ognuno riconosceva agli altri due, che permetteva alla formazione di seguire traiettorie imprevedibili e, talvolta, impercettibili, discese ardite ed ascese velocissime, di disegnare architetture di rara bellezza, mai scontate ma senza mai lasciarsi prendere la mano da istrionismi e facili uscite da prima donna. In altre parole, un vero capolavoro, così coinvolgente ed incantevole che, al termine della performance, una sola domanda rimbalzava nei nostri pensieri ancora ebbri di note: ma perché i fratelli Marangolo non decidono finalmente di formare un gruppo in pianta stabile per portare la loro immensa Arte agli assetati di musica? Ai posteri l’ardua sentenza; a noi non resta che sperare.

Michele Traversa

Direttore responsabile e Editore di LSDmagazine. Esperto di turismo, spettacolo, gastronomia e tecnologia. Attento alle strategie social media e preparato all'interazione tra gli strumenti che questi offrono e la diffusione dei loro contenuti. Collabora con le principali riviste del settore turistico, italiane e straniere, autore di libri e documentari di viaggio e di mostre fotografiche.