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"f1"C’è un atroce quanto spietato rituale diffuso nei tempi moderni: quello del saggio di fine corso, uno dei momenti vissuto con maggior terrore non solo dagli alunni impegnati nella rappresentazione ma anche e – soprattutto – da parenti ed amici degli immaturi, imberbi e – spesso – improvvisati artisti. Chi più, chi meno, ne abbiamo tutti memoria come episodi da non ripetersi, da annoverare tra i dolori cui la nostra umana esistenza ci costringe.

Non sempre però, non quando i saggi e, naturalmente, i relativi corsi in questione sono stati – saggiamente – affidati alla saggia guida di gente che ha dimostrato nel corso degli anni di amare oltremodo la propria Professione, di essere assolutamente votata all’Arte, senza compromessi ed accondiscendenze. Ci riferiamo, nel caso di specie, alle belle menti delle Fibre parallele, l’amatissima compagnia barese, e, nello specifico, a Licia Lanera, da sempre, insieme a Riccardo Spagnulo, anima del gruppo, quest’anno anche alle redini del laboratorio teatrale universitario CUTAMC che, non molto tempo fa, l’aveva vista, nel ruolo di allieva, muovere i primi passi sui palcoscenici; al termine del corso, sarebbe stato anche lecito attendersi una prova semplice, di basso profilo, trita e ritrita, magari stimolata – se non addirittura copiata – dall’incombente, maledetto tubo catodico che ormai ci ha abituati a finte dimostrazioni di talento: non da Licia, non da lei.

Infatti, la scelta è caduta su una delle più complesse opere della drammaturgia moderna, vale a dire “Attentati alla vita di lei” di Martin Crimp, che, ad oltre dieci anni dalla sua creazione, continua a distinguersi per le difficoltà della sua messa in scena, come lo stesso autore sottolineava durante la stesura di un testo pensato come un insieme di tante microscopiche pièces sul personaggio di Anna, sulla sua ingombrante assenza ed il suo assordante silenzio.

Chi è Anna? Esisterà poi veramente questa Anna, ci siamo chiesti durante tutto lo"f2" spettacolo, giungendo a risponderci che Anna vive solo negli occhi di chi l’ha incontrata e l’ha (ri)creata e (ri)costruita a propria immagine e somiglianza. Così, scandagliando tanto i ricordi e le testimonianze di chi l’ha conosciuta quanto gli indizi e le tracce di cui è disseminato il suo presunto percorso, Anna diventa, di volta in volta, una terrorista in fuga, una scultrice d’avanguardia, una madre profuga, un’automobile ultramoderna, in un continuo sovrapporsi di identità irrisolte che, in ultimo, non riesce a ricondurci alla vera Anna, né a consegnarci altra verità se non l’evidenza dell’impossibilità di poter affermare una certa ed univoca identità per Anna come – forse – per qualunque altro essere umano condannato a vivere nel nostro incerto tempo.

Licia Lanera, con la sua – come sempre – attenta regia, riesce a calare il testo ancor più nel mostruoso presente che ci è stato dato in sorte; la sua visionaria lettura ci ha messo nuovamente di fronte alla barbarie cui ormai sembriamo esserci abituati e ci ha catapultati, nostro malgrado, in un passato prossimo fatto di atrocità ed efferatezze: chi può dire infatti, complice l’ottima scelta della colonna sonora tutta improntata sulla produzione del belga Stromae, di non essersi sentito trasportato, anche per un solo istante, nella capitali europee colpite dal terrorismo o, ancora, davanti ai video di decapitazioni che hanno turbato la nostra tranquilla sicurezza ovvero su una delle nostre "f3"spiagge incolpevolmente diventate dei cimiteri a cielo aperto?

La scena vuota e la totale assenza di costumi di scena probabilmente rendeva ancora più coinvolgente la performance di Agata Bellezza, Katia De Marco, Irene Gianeselli, Adele Scagliusi, Giorgio Calabrese, Claudio Caldarola, Giovanni Capodiferro, Domenico Lenoci e Giovanni Lomonte, tutti degni di lode, con – come è naturale – qualche già chiara eccellenza, che qui non citeremo per non far torto ad alcuno; di certo sono stati tutti egualmente bravi a farsi argilla nelle mani della Lanera, che li moltiplicava a suo piacimento, sovrapponendo i personaggi e le situazioni, come fossero schegge impazzite di un caleidoscopio nient’affatto luminoso e distensivo ma, semmai, cupo ed ossessivo. Insomma, un’altra prova – come sempre quando ci sono di mezzo le Fibre Parallele – di assoluto rilievo, di cui non solo i ragazzi ma anche gli spettatori si ricorderanno per un bel po’. Altro che tutto un fatto di saggi.

Michele Traversa

Direttore responsabile e Editore di LSDmagazine. Esperto di turismo, spettacolo, gastronomia e tecnologia. Attento alle strategie social media e preparato all'interazione tra gli strumenti che questi offrono e la diffusione dei loro contenuti. Collabora con le principali riviste del settore turistico, italiane e straniere, autore di libri e documentari di viaggio e di mostre fotografiche.