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"LaTi prego dunque di adoperarti affinché questo soggetto sia il più possibile originale e accattivante nei confronti di un pubblico sempre teso a cercare in argomenti inusuali un confine alla propria moralità.”

L’esortazione che abbiamo testé riportato, inserita in una lettera che un preoccupato Giuseppe Verdi indirizzava al suo librettista Francesco Maria Piave in procinto di mettersi al lavoro, ispirandosi alla pièce teatrale di Alexandre Dumas figlioLa signora delle Camelie”, sulla trama de La traviata, l’ultima opera della cosiddetta “trilogia popolare” assieme a Il trovatore e a Rigoletto, avrebbe ben potuto essere – a giudicare dai risultati – oggi rivolta ad Hugo de Ana, regista, scenografo e costumista del nuovo allestimento del capolavoro verdiano con cui si sta trionfalmente chiudendo l’annuale stagione lirica della Fondazione Petruzzelli, edizione che deve essere salutata per più di un motivo con vivo favore, pur nascondendo, tra le tante e sfavillanti luci, qualche ombra. La prima ottima notizia è che con questa Traviata si torna – finalmente, lasciateci dire – ad una produzione del nostro Politeama, circostanza che ha permesso al regista di rendere omaggio ad una delle eccellenze pugliesi, ad uno dei maggiori rappresentanti della nostra regione nel mondo, vale a dire a quel Giuseppe De Nittis universalmente riconosciuto come uno dei maggiori esponenti della corrente artistica che faceva riferimento al verismo e all’impressionismo, di fatto operando un’ideale commistione tra la Parigi che fa da sfondo al dramma dell’eroina verdiana e le tele del maestro barlettano, talmente innamoratosi della capitale d’oltralpe da meritarsi l’appellativo di peintre des Parisiennes.

"LaInvero, lo spirito di De Nittis aleggia su tutta la messa in scena: è come se lo spettatore ne fosse pervaso sin dal suo ingresso nel foyer del Teatro, dove, per concessione del museo di Palazzo della Marra a Barletta, è stata allestita la mostra “Parigi, o cara!” – dall’aria che Alfredo canta alla sua Violetta morente – in cui troneggiano tre delle sue opere più significative, “Figura di donna”, “Il salotto della Principessa Matilde” e “Giornata d’inverno”, per poi esserne del tutto catturato durante la rappresentazione; grazie soprattutto ai costumi, gli interpreti sembravano aver magicamente preso vita dagli stessi dipinti, salvo poi farvi ritorno grazie a taluni fermoimmagine di sicuro effetto, incastonati in una più che suntuosa scenografia, monumentale e barocca, che sa – giustamente – farsi scarna e vuota nell’ultimo straziante atto.

Eppure, detta maestosità, indubbiamente ottimo cibo per i nostri occhi, molto gradita dal pubblico che affollava il Petruzzelli nella sera della Prima, sold out come già, di fatto, le ben nove repliche previste, non sempre si sposava, a nostro modesto parere, con quel meraviglioso universo contenuto nelle note create dal Cigno di Busseto. La Traviata è molto più di semplice opera: è un pensiero, un palpito, un frammento del nostro cuore, ed ogniqualvolta si apre il sipario anche noi aneliamo sentirci parte della sua storia, entrare nel salone delle feste della residenza a Parigi della splendida Violetta, essere Alfredo quando si presenta a lei e le offre il suo amore, vivere con loro la fugace e travagliata quanto ardente passione, sentire lo stesso strazio di papà Germont nell’allontanare Violetta dalle braccia del figliolo, immolandola sull’altare del buon nome della famiglia, provare lo stesso lancinante smarrimento della amante che deve abbandonare il suo amato dopo avergli ancora una volta giurato eterna devozione, vivere l’iracondo e vergognoso impulso di Alfredo nel suo sentirsi tradito e, soprattutto, gioire del ritorno tra le braccia dell’amata ammalata, agonizzare ed infine morire con lei.

"LaEbbene, ci spiace molto dirlo, ma non sempre queste emozioni ci hanno pervaso durante questa edizione, a causa di una regia non sempre attenta, con scelte che apparivano talvolta forzate, atte a tratteggiare i personaggi in modo fin troppo evidente. In questo clima, non solo la mimica ma anche le prove vocali del buon cast, che annovera Lana Kos (Violetta), Luciano Ganci (Alfredo), Vitaliy Bilyy (Germont padre), Sylvia Lee (Annina), Anastasia Pirogova (Flora), apparivano quasi sempre sopra le righe, troppo “estrinsecate” per riuscire a toccare le corde più recondite dell’anima, nonostante la davvero ottima performance dell’Orchestra del Teatro Petruzzelli, diretta con giovanile fervore dal maestro Carlo Goldstein, e del Coro del Teatro, come sempre affidato al maestro Fabrizio Cassi.

Tutto ciò, comunque, non toglie valore ad un’operazione che possiamo catalogare come la classica ciliegina sulla torta di una stagione senza alcun dubbio sorprendente per il nostro Politeama, eccellente viatico per il nuovo impegnativo anno che sta per cominciare e che si preannuncia nuovamente stupefacente.

Foto Immagina Studio

Michele Traversa

Direttore responsabile e Editore di LSDmagazine. Esperto di turismo, spettacolo, gastronomia e tecnologia. Attento alle strategie social media e preparato all'interazione tra gli strumenti che questi offrono e la diffusione dei loro contenuti. Collabora con le principali riviste del settore turistico, italiane e straniere, autore di libri e documentari di viaggio e di mostre fotografiche.