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"1"Eleganza, simpatia e stile. Una Donna verso cui è difficile non provare incondizionata stima, professionale e personale. Un modello a cui guardare. Questa è Margarethe von Trotta, la regista a cui è stata dedicata la mattinata della penultima giornata del Bari International Film Festival di quest’anno, l’unica cineasta femminile richiamata nel capoluogo regionale pugliese a rappresentare il cinema d’autore durante le master class mattutine. “Una dinosaura”, come lei stessa si definisce scherzando, dopo la carrellata di autori maschili che in questi giorni si sono alternati sul palco del Teatro Petruzzelli per parlare della settima arte ma ancor più di vita. La scelta dei film che hanno preceduto le master classes di questi giorni, del resto, è stata orientata verso pellicole “impegnate” che traggono spunto dalla realtà, da storie realmente accadute o che, perlomeno, mantengono saldi legami con il contesto storico, politico e sociale che fa loro da sfondo. Ripercorrere la filmografia della von Trotta equivale ad attraversare una galleria di ritratti femminili forti e coraggiosi, nei cui dissidi interiori la regista conduce lo spettatore in punta di piedi, senza mai peccare di invadenza ma sempre nel pieno rispetto dei sentimenti che si va a rappresentare. A precedere l’incontro con la cineasta tedesca e moderato da Klaus Eder, la proiezione di “Anni di piombo” (Germania, 1981).

Il film – ispirato ad una storia vera, racconta di due sorelle tedesche nella Germania dei primi anni ’70. Tra lotte politiche ed ideologiche le due assumono atteggiamenti di opposizione diversi: l’una, Julianne, più moderata, l’altra, Marianne, più facinorosa ed estremista che, per via delle sue sommosse, verrà arrestata. Tra le sorelle un rapporto di amore e odio che cavalca i ricordi dell’infanzia insieme. Mentre Julianne è in vacanza in Italia le viene comunicato che Marianne ed altri detenuti sono stati trovati morti nelle loro celle. La notizia ufficiale parla di suicidio ma la donna è convinta che si tratti di omicidio. Comincia, così, una insistente ricerca per riportare alla luce la verità e rendere giustizia alla morte di Marianne, una lotta contro il sistema che causerà a Julianne anche l’abbandono da parte del suo compagno e difficili decisioni. Sullo schermo il senso di colpa di una donna che teme di non aver combattuto abbastanza per difendere sua sorella e che investe tutta se stessa per riscattare la sua memoria e denunciare l’ingiustizia di cui è stata vittima.

La master class – a suo agio sul palco, solare ed ironica, dotata di un’incantevole verve, la von Trotta tiene una lezione che solleva spesso e volentieri l’ilarità e gli applausi di approvazione da parte della platea presente in sala. Parla al pubblico in italiano, senza l’ausilio di una traduttrice, la von Trotta cittadina del mondo che anche dell’Italia, per alcun tempo, fece la sua casa. Si inizia confrontandosi proprio in merito al film poco prima proiettato, Anni di piombo, vincitore del Leone d’Oro a Venezia. La regista racconta del suo incontro con la reale protagonista del lungometraggio, Christiane Ensslin, e "3"dell’empatia immediatamente provata nei riguardi della sua vicenda: “Quando mi ha raccontato la sua storia sono stata sbalordita dalla sua emozione. Solo sei mesi dopo ho avuto l’idea di raccontare la Germania del dopoguerra attraverso la storia di queste due sorelle, chiedendo prima a Christiane se fosse d’accordo a che la sceneggiassi. Nel film c’è molta verità ma anche tante cose che mi hanno riguardata personalmente perché anch’io ho fatto parte della stessa generazione”. Un’empatia che le ha permesso di instaurare un legame intimo e profondo con la drammatica vicenda delle sorelle Ensslin al punto tale da recepire anche elementi che non erano venuti fuori dalle sue lunghe conversazioni con Christiane ma che la sua macchina da presa è riuscita a cogliere e comunicare, con il tatto e la grazia che hanno contraddistinto il suo modo di fare cinema. La von Trotta, nel suo fluente italiano, parla al pubblico col cuore, quel cuore che è stato aperto ad accogliere le storie dei suoi personaggi riportandole sullo schermo. Una sensibilità che le ha permesso di far avvertire con delicatezza anche allo spettatore “la carne”, come lei stessa la definisce, dei suoi protagonisti. Ad influenzarla nel suo lavoro, grandi autori del cinema del passato, quali Ingmar Bergman e Alfred Hitchcock, ma anche il Neorealismo italiano e la Nouvelle Vague francese, veri e propri modelli d’ispirazione per la sua generazione. Ad Eder che le chiede del motivo per cui in diverse occasioni nei suoi film si parli di storie di sorelle, la von Trotta gli risponde che probabilmente la risposta verrà a galla attraverso la visione del suo ultimo film, “The Misplaced World” (Germania, 2015), un film che spiegherà le ragioni di questa sua “ossessione” da figlia unica. La regista chiacchiera amabilmente sviscerando ogni aspetto legato alla sua esperienza da cineasta, parlando al pubblico anche del suo metodico lavoro preparatorio alle realizzazione di un film che spesso l’ha spinta ad una raccolta di materiale sulla base del quale costruire e ri-costruire le sue storie, fra cui di grande aiuto sono stati in molte occasioni gli scritti privati, come le lettere. “Oggi nessuno scrive più lettere – riflette la von Trotta – oggi c’è solo internet. Ma dove si potrà trovare la “carne” di un personaggio se non si scrivono più lettere? Perché quando si scrive a qualcuno la scrittura cambia in base al destinatario ed è questo che ti aiuta poi a ricostruire il ritratto della persona”. Si passa poi a parlare dell’accidentato percorso affrontato per affrancarsi dall’etichetta di attrice e potersi finalmente dedicare a quella che da sempre era stata la sua vocazione per la regia. "4"“Sono stata attrice per tanto tempo ma ho sempre desiderato diventare una regista – sostiene la von Trotta –  nessuno riteneva che ne fossi capace. Poi ho realizzato “Il caso Katharina Blum” ma i produttori mi dissero che non sarei potuta comparire nei titoli se non come sceneggiatrice. Ancora adesso in alcuni documenti il mio nome non compare ma tutti sanno che quel film è anche il mio, ed è una bella vendetta”. Con simpatia scambia battute con Eder, molto più impacciato di lei nel masticare la lingua italiana. Poi si torna a parlare del suo lavoro come regista: “Ho attenzione per le piccole sfumature psicologiche dei miei personaggi, mi piace far vedere le emozioni nascoste e il mondo interiore delle persone. Cerco tematiche che siano utili per pensare e capire il mondo. Non faccio film su una tematica precisa, devo sempre prima trovare una persona per mettere al suo interno il contenuto”. Continua il suo intervento parlando del suo essere “cittadina del mondo”, una donna senza “heimat” (per richiamare Edgar Reitz) o terra d’origine che dir si voglia, una nomade che potrebbe vivere ovunque. “Ti si può definire dunque una regista europea?” le chiede Eder. “Sì, mi piace come definizione” gli risponde prontamente la von Trotta. Al critico cinematografico che le domanda dei suoi progetti futuri, la regista replica citando un consiglio che tempo fa le era stato dato da Nanni Moretti, il grande ospite atteso per l’ultima master class di questo Bif&st: “Come mi disse Moretti: non devi mai parlare di un film che non hai fatto perché altrimenti non lo farai” scherza la von Trotta. Sugli attori maschili con cui avrebbe voluto lavorare non ha dubbi: “Avrei voluto fare un film o con Volonté o con Mastroianni. In Germania è difficile trovare attori così bravi. Peccato che siano morti perché, forse, adesso avrei avuto il coraggio di chiederglielo”. Gli applausi accompagnano sonori la conclusione di un paio d’ore volate in fretta in compagnia di un vero e proprio modello artistico e umano. Margarethe von Trotta la regista europea. Margarethe Von Trotta uno splendido esempio di grazia e umanità.

Filmografia Margarethe Von Trotta – “Il caso Katharina Blum” – regia con Volker Schlöndorff (1975), “Il secondo risveglio di Christa Klages” (1978), “Sorelle – L’equilibrio della felicità” (1979), “Anni di piombo” (1981), “Lucida follia” (1983), “Rosa L.” (1985), “Essere donne” (1988), “Paura e amore” (1988), “L’africana” (1990), “Il lungo silenzio” (1993), “La promessa” (1994), “Winterkind” (1997) (TV), “Mit fünfzig küssen Männer anders” (1999) (TV), “Dunkle Tage” (1999) (TV), “Jahrestage” (2000) (mini-serie TV), “Rosenstrasse” (2002), “Die andere Frau” (2004) (TV), “Ich bin die Andere” (2006), “Unter uns” (Tatort Ep. 676 – Dellwo/Sänger) (2007) (Serie TV), “Vision” (2009), “Die schwester” (La sorella) (2011), “La fuga di Teresa” (2012), “Hannah Arendt” (2013).

Foto di: Oronzo Lavermicocca.

Michele Traversa

Direttore responsabile e Editore di LSDmagazine. Esperto di turismo, spettacolo, gastronomia e tecnologia. Attento alle strategie social media e preparato all'interazione tra gli strumenti che questi offrono e la diffusione dei loro contenuti. Collabora con le principali riviste del settore turistico, italiane e straniere, autore di libri e documentari di viaggio e di mostre fotografiche.